Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 21 Lunedì calendario

Pregi e difetti dell’intesa tra Turchia e Ue sui migranti

Anche l’attuale contesto sulla discussione Ankara/migranti con la necessità di riprendere i contatti con la Turchia, evidenzia la farraginosità dell’Ue, dopo che da tempo si sa dell’importanza strategica della Turchia e della relativa affidabilità ed esosità del suo rappresentante.
 Il che la dice lunga sull’opportunità che il Paese entri nella Ue!
Attilio Venturi  Oltre alla richiesta di altri 3 miliardi per la sistemazione di decine di migliaia di migranti, la Turchia cerca di accelerare il progetto di un ingresso nell’Ue che sarebbe un colpo mortale per la vecchia Europa, visto che il 90% dei turchi sono musulmani. Peccato che certi politici disinvolti se ne freghino di una simile prospettiva, schierandosi con chi ha l’obiettivo finale di imporre all’Europa le leggi del Corano.
Sibylle Abstoss 

Cari lettori,
Le vostre lettere e molte altre ricevute in questi giorni dimostrano quante obiezioni e riserve abbiano accolto l’intesa fra la Unione europea e la Turchia sul problema dei migranti. Alcune riserve sono certamente giustificate. Ma credo che il quadro non sarebbe completo se i giudici dell’accordo non tenessero conto di almeno due fattori.
In primo luogo abbiamo capito, in questi ultimi anni, che il fenomeno non dipende esclusivamente dall’instabilità e dai conflitti di alcuni Paesi mediorientali (Iraq, Libia, Siria). È un fenomeno globale dovuto in buona parte alla evidente disparità delle condizioni umane e sociali fra le diverse popolazioni del pianeta. Questo divario è sempre esistito, ma la circolazione dell’informazione lo rende più visibile e le nuove tecnologie hanno enormemente accorciato le distanze che ci separano. Sino alla seconda metà del secolo scorso, un sudanese o un afgano erano condannati a vivere la propria intera esistenza nel Paese in cui erano nati. Oggi possono cercare di raggiungere il luogo che, da ciò che vedono alla televisione e sul piccolo schermo del loro cellulare, appare come un paradiso terrestre.
Là dove esistono desideri di massa, nascono organizzazioni che cercano di trarne vantaggio. Vi è ormai un mercato dei trasportatori che si è andato progressivamente allargando sino a creare una sorta di mafia transfrontaliera sempre più potente e meglio organizzata. Questi nuovi mercanti di schiavi sono crudeli e spietati, ma vendono il loro servizio a caro prezzo perché possono garantire ai malaugurati clienti che i Paesi occidentali, benché contrari all’immigrazione clandestina, faranno del loro meglio per strapparli alla morte nell’ultima fase del viaggio.
I governi hanno quindi due buone ragioni per mettere fine a questo fenomeno. Devono evitare l’impatto politico delle migrazioni sulle loro società nazionali e devono stroncare una rete affaristica disumana. In una situazione in cui occorre evitare qualsiasi iniziativa che possa mettere a rischio la vita dei migranti, non resta altra soluzione fuor che quella di controllare, per quanto possibile, tutte le porte d’accesso all’Europa. Ma questo obiettivo, senza la collaborazione della Turchia, è impossibile. Oggi, dopo la conclusione dell’accordo, gli scafisti e i loro clienti sanno che l’ingresso in Europa è diventato molto più difficile. Se questo deterrente funziona, molti difetti dell’intesa saranno considerati accettabili.