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 2016  marzo 20 Domenica calendario

Salah sembra intenzionato a collaborare, ma non vuole essere estradato in Francia. Il suo avvocato, Sven May, dice: «A un certo punto bisogna smetterla di inginocchiarsi, di vivere con questo sentimento di colpa che sembriamo avere in Belgio verso la Francia, dopo gli attentati»

Salah sembra intenzionato a collaborare, ma non vuole essere estradato in Francia. Il suo avvocato, Sven May, dice: «A un certo punto bisogna smetterla di inginocchiarsi, di vivere con questo sentimento di colpa che sembriamo avere in Belgio verso la Francia, dopo gli attentati». I belgi fanno però capire che l’estradizione sarà concessa. Il loro ministro degli Esteri, Didier Reynders, ha assicurato che «il Belgio farà in modo di rispondere più favorevolmente possibile alla richiesta francese». Ci vorranno in ogni caso tra i 60 e i 90 giorni. L’arresto non è neanche stato convalidato (è in stato di detenzione provvisoria, una condizione che può durare al massimo cinque giorni), ci vuole una procedura per giudicare la correttezza del mandato d’arresto europeo, se poi sulla richiesta di estradizione e sulla resistenza dell’imputato dovrà pronunciarsi la Corte Suprema ci vorranno tutti i 90 giorni previsti. Il suo avvocato è comunque sicuro che collaborerà: altrimenti - dice - «non avrei accettato di difenderlo». Salah ha già riconosciuto che la sera del 13 novembre si trovava a Parigi. L’avvocato non vuol dire più di questo: «È troppo presto. In ogni caso non è rimasto in silenzio davanti al giudice».

Dove si trova adesso?
Subito dopo la cattura avevano portato lui e l’altro arrestato, Amine Choukri, all’ospedale di Saint-Pierre, a Bruxelles. Ieri mattina li hanno portati negli uffici della polizia federale in avenue de la Couronne. Qui li hanno interrogati e, finiti gli interrogatori, a bordo di un’ambulaza di color giallo, li hanno trasferiti nel carcere di massima sicurezza di Bruges, a nord. L’accusa è di concorso in omicidio con finalità di terrorismo, partecipazione ad attività di organizzazione terroristica e occultamento di criminali. È finito in galera anche Amid Aberkan, che aveva ospitato nel suo appartamento a Molenbeek i due. Un’altra componente della famiglia Aberkan, Djemila M., è stata denunciata a piede libero.  

S’è capito che ruolo ha avuto la sera del 13 novembre? Perché sento parlare continuamente di “cervello” dell’attentato.
Finora si è sempre pensato che il cervello dell’azione sia stato Abdelhamid Abaaoud, ucciso poi nell’azione del 18 novembre a Saint-Denis. Salah avrebbe avuto compiti logistici, cioè procurare le armi e l’esplosivo, noleggiare le auto, prenotare le camere d’albergo o gli appartamenti. Però quella sera ha anche sparato: le telecamere a circuito chiuso dei locali sui boulevard parigini lo hanno ripreso mentre col kalashnikov infierisce sugli inermi avventori di un bistrot. Non è ancora chiaro se, compiuta la strage, Salah avrebbe dovuto farsi saltare o no. In ogni caso è l’unico terrorista sopravvissuto all’azione. Per quattro mesi è stato il fuggitivo più ricercato d’Europa.  

Abbiamo nuovi particolari sulla latitanza e sulla fuga?
È stato sempre a Molenbeek, ben protetto dal quartiere. Dopo l’arresto, i giovani del posto, in stato di forte eccitazione, hanno circondato i poliziotti, sfottendoli in arabo e in francese, tirandogli addosso bottiglie e facendosi disperdere da un paio di cariche. Cioè, a Molenbeek, anche quelli che non si sono aggregati alla jihad, tifano apertamente per i terroristi. Quanto alla fuga, sappiamo abbastanza bene quello che è successo subito dopo il massacro, dato che Hamza Atou e Mohamed Amri, corsi dal Belgio per salvarlo, sono stati arrestati un paio di giorni dopo. Lo trovarono davanti a un McDonald’s di Châtillon, poco fuori Parigi. Erano le cinque del mattino. Salah si piazzò sul sedile di dietro della Golf, sprofondato nel giaccone e con la testa nascosta sotto il cappuccio della felpa. Piangeva e gridava, minacciava di farsi esplodere, raccontava di aver ammazzato un sacco di gente col kalashnikov. A uno dei tre posti di blocco diede addirittura il suo indirizzo di Molenbeek. Niente, la fece franca. Giunto a Bruxelles, si diede da fare per cambiare aspetto: voleva tingersi i capelli, ma il barbiere aveva finito la tintura. Allora si rapò a zero e si depilò le sopracciglie, si comprò dei jeans neri e una giacca. Poi si nascose a Schaerbeek, altra periferia della capitale. Ben protetto dai vicini. L’hanno preso, come abbiamo raccontato ieri, per quella traccia biologica lasciata nell’appartamento di Forest. Adesso, se parlasse, si potrebbe forse far luce su tutta l’organizzazione del radicalismo islamico francese.