ItaliaOggi, 19 marzo 2016
Il successo della salsiccia senza carne
In Italia gli accademici della Crusca si distraggono e riconoscono come nuovo l’aggettivo «petaloso» creato da un bambino alle elementari, benché si ritrovi già in scritti settecenteschi. E fanno un piacere alla signora Boldrini avallando la definizione «presidenta». È orrendo o orrenda.
Perché no presidentessa? I linguisti, in Germania, sono alle prese con un problema più serio, almeno sotto l’aspetto commerciale. Hanno diritto i vegetariani e i vegani a chiamare wurst, una salsiccia senza carne, imbottita di soja o di tofu. O una schnitzel, una cotoletta senza maiale o vitello, o una frikadelle, che sarebbe l’hamburger originario nato nella città anseatica?
Per legge si sono già abolite le Zigeunerschnitzel, le piccanti cotolette alla zingara, perché Zigeuner è un termine spregiativo, composto da zug, movimento, zug è anche un treno, e Gauner, delinquente, come dire il malvivente che arriva ruba e se ne va. Oppure i neger kuss, bacini dei negretti, meringa ricoperta di cioccolata. Vedo che nei menù sopravvive la specialità gitana, e i bambini continuano a chiamare il kuss come gli pare.
Il fatto è che i prodotti vegetariani stanno conquistando i supermarket e i consumatori. Anche quelli non fondamentalisti, che più o meno spesso, si gustano una bistecca, tendono ad acquistarli, convinti giustamente a diminuire il consumo di carne.
Un trend che preoccupa il Vorstand des deutschen fleischervernads, Dfv, la direzione dell’associazione tedesca dei macellai. I produttori dei würstel senza maiale non sono abbastanza chiari nel presentare le loro specialità, non basta scrivere veggie-schnitzel o veganewurst.
Un wurst è fatto con il maiale, anche se in alcune specialità la percentuale di carne suina non supera il 12%, e i consumatori automaticamente non notano la differenza. Come offrire appunto un cioccolatino senza cacao. Non basta scriverlo in caratteri minuscoli sul retro della confezione. Nei supermarket ho notato confezioni di lasagne congelate e imbottite di tofu o di soja, e barattoli di «Sauce bolognese» assolutamente senza carne. Saranno in commercio anche in Italia, presumo, ma a Berlino spesso sono esposte fianco a fianco con prodotti in cui il ragù dovrebbe essere fatto secondo le ricette della nonna.
Un dirigente dei produttori di carne precisa: «Non vogliamo alcun divieto, solo più correttezza commerciale». Anche perché alcuni degli associati già collaborano con il «nemico». La Rügenwalder, importante fabbrica di würstel, si è messa a smerciare salsicce al tofu, e il 20% della produzione è diretta a vegetariani e vegani. Negli ultimi cinque anni, secondo l’Institut für Handelsforschung, l’istituto per le ricerche commerciale, nell’ultimo quinquennio, i prodotti vegetariani sono cresciuti del 17% all’anno, superando nel 2015 i 454 milioni di euro. Molti, e anche pochi in confronto al volume raggiunto dai «carnivori», 18 miliardi e 160 milioni. Ma l’avanzata dei vegani e dei loro fratelli vegetariani meno rigorosi incomincia a preoccupare: il würst senza maiale è cresciuto del 25,9% l’anno scorso con un bilancio di 256 milioni di euro.
E secondo un sondaggio di opinione della Forsa, 42 milioni di tedeschi, circa il 50%, vogliono ridurre il consumo di carne. Non basta. Ora prendono piede i frutarier che si preoccupano per le piante, non vogliono che soffrano durante la raccolta e consumano dunque solo pere, mele, arance e anche olive e noci che siano cadute a terra spontaneamente. Al mercato sono le più care.