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 2016  marzo 19 Sabato calendario

L’impazzimento dell’euro, spiegato bene

Due rialzi dei tassi d’interesse quest’anno, invece dei quattro previsti lo scorso dicembre. Questa l’ultima stima della Federal Reserve. Ed è bastato per fare per la prima volta andare in positivo il computo da inizio anno di Wall Street. Allo stesso tempo il dollaro si è fortemente indebolito nei confronti delle altre valute.
Bene per la Russia, con il rublo favorito anche dal recente rialzo dei prezzi del petrolio, che rischiava di rimanere schiacciata da una valuta troppo debole. Bene anche per la Cina, che continua a ripetere di non volere una svalutazione dello yuan sebbene la frenata dell’economia dovrebbe suggerire il contrario (ma prevale la speranza che l’indebolimento del biglietto verde rallenti la fuga di capitali). Male per un Paese esportatore come il Giappone. Dipende ancora di più dall’export la Germania. Come del resto l’Italia. E così il balzo dell’euro, iniziato nonostante il rafforzamento del Qe operato da Mario Draghi il 10 marzo, passato in poche sedute da 1,08 a 1,13 dollari, non va certo nella direzione auspicata. Eppure la Bce è orientata a tenere i tassi ai livelli attuali o ancora più bassi per lungo tempo, almeno fino alla fine del 2018, visto che la stessa Eurotower stima per quell’anno un’inflazione all’1,6%, segno che l’obiettivo di un indice di poco al di sotto del 2% non sarà stato ancora raggiunto.
La domanda che tutti si pongono è: fin dove può salire l’euro? Secondo Asmara Jamaleh, economista per i mercati valutari di Intesa Sanpaolo, «i rischi nel brevissimo termine potrebbero spostarsi leggermente verso l’alto, ma l’upside dovrebbe essere contenuto, entro 1,13-1,15». In ogni caso, la Fed «riprenderà comunque ad alzare i tassi, al più tardi nel terzo trimestre. Di fronte ai primi dati Usa positivi o migliori del previsto, l’euro dovrebbe pertanto correggere». Nel breve, dunque, la moneta unica sembra destinata a salire ancora un po’. Ma quando comincerà l’inversione di tendenza potrebbe arrivare alla parità con il dollaro? Allo stato dei fatti è difficile. Perché l’economia Usa non ha ancora preso slancio e quindi ha bisogno che le esportazioni aumentino.
Ma guardando più in là dell’orizzonte a tre mesi le cose potrebbero cambiare in modo radicale: prima di tutto il 23 giugno si terrà il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea.
In caso di vittoria della Brexit, l’euro rischierebbe di indebolirsi in misura sostanziosa perché si comincerebbe a parlare di effetto contagio. Già in Danimarca si parla di un prossimo referendum sullo stesso tema. Va bene, si tratta di Paesi che non hanno mai adottato la moneta unica. Ma c’è molto di più. Lo ha implicitamente ammesso Draghi quando giovedì 16, uscendo dalla sessione economica del Consiglio europeo, ha detto che «serve chiarezza sul futuro delle nostra unione monetaria europea». E dire che fino a poco tempo fa il numero uno dell’Eurotower parlava di euro «irreversibile». Il giorno seguente è poi deflagrata la bomba, nonostante il silenziatore messo da un noto quotidiano italiano che ha intervistato Peter Praet, esponente belga del Comitato esecutivo della Bce. Il quotidiano ha intitolato «La Bce potrà abbassare ancora i tassi», ma Praet ha detto molto di più, soprattutto se si legge la versione integrale pubblicata dal sito della Bce. Alla domanda se l’Eurotower potrebbe stampare moneta e mandarla direttamente ai cittadini, il famoso Qe del popolo, Praet ha così risposto: «Sì, tutte le banche centrali possono farlo. È possibile battere moneta e distribuirla alla gente. Questo è l’helicopter money» (quando non era ancora diventato presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, il predecessore di Janet Yellen, aveva paradossalmente ipotizzato che in casi estremi si sarebbero potuti lanciare dollari da un elicottero). «La domanda è se e quando fare ricorso a questo strumento che è davvero estremo», ha concluso Praet.Non avere escluso l’eventualità di adottare il Qe del popolo è una notizia clamorosa. D’altronde fino a due anni fa nessuno si immaginava che la Bce avrebbe adottato tassi sui depositi sotto zero. E oggi siamo a -0,4%. A pensare male, l’anno prossimo ci saranno le elezioni presidenziali in Francia, con il rischio che siano vinte dal Front National, il partito anti euro di Marine Le Pen. In caso di sondaggi a lei favorevoli, la Bce potrebbe tenere nel cassetto l’arma finale per cercare di ribaltare il risultato elettorale: il Qe del popolo. Il tutto condito da dotte dissertazioni sulle condizioni dell’economia e dei mercati. Ma il tempo è ancora lontano. Per ora tanto vale godersi gli effetti positivi su Wall Street della Yellen in nuova versione colomba. Con la speranza che facciano dimenticare agli investitori gli effetti negativi dell’euro in rialzo e delle sue prospettive più che mai incerte. Insomma, che Wall Street faccia da traino alle borse europee. Tenendo però sempre ben presente il monito di un altro francese, Didier Saint Georges, membro del comitato investimenti di Carmignac: «Come previsto, la Bce continua a fare quello che può per allentare le condizioni finanziarie nella zona euro. Questo potrebbe essere sufficiente a mantenere i mercati nel sonnambulismo per un po’ di tempo. Ma gli investitori ascolteranno anche il triplo messaggio che sta dietro le decisioni della Bce: la situazione economica globale continua a deteriorarsi, cosa che già colpisce la zona euro; il Qe non ha funzionato come previsto finora; le controindicazioni dei tassi negativi non possono più essere ignorate e limiteranno rigorosamente la misura in cui la Bce potrà agire ancora con questo strumento». A meno che non sfoderi il Qe del popolo.