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 2016  marzo 19 Sabato calendario

È già pronta una nuova legge sugli scioperi

Ancora pochi mesi. E poi forse l’Italia avrà nuove norme, come in Germania o in Gran Bretagna, sugli scioperi nei servizi pubblici di trasporto. Una riforma attesa invano da anni in grado di regolamentare un settore nel quale, spesso, poche sigle sindacali paralizzano treni, metro a autobus tenendo in scacco il Paese e i suoi cittadini. La svolta la vuole il governo e lo strumento è un Ddl presentato il 14 luglio 2015 al Senato dal Pd e appoggiato da diversi parlamentari della maggioranza. Sette articoli che in questi mesi sono stati passati setaccio, con una raffica di audizioni, nelle commissioni Trasporti e Lavoro e che hanno incassato l’ok di Confindustria e la non ostilità dei sindacati confederali. Questi ultimi, probabilmente, tra i più interessati a disposizioni che mettano ordine nei delicati equilibri della rappresentanza sindacale. Il progetto di legge, che nei piani di Palazzo Chigi potrebbe essere votato entro il 2016, punta in maniera esplicita a mettere nell’angolo le sigle sindacali minoritarie con la messa a punto di meccanismi capaci di inceppare la loro capacità di interdizione.
L’INIZIATIVA
L’iniziativa legislativa ha il suo perno nell’articolo 2 laddove si legge che «ferma restando la disciplina generale dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, nel settore dei trasporti pubblici lo sciopero aziendale, anche se limitato a una parte del personale dipendente dall’impresa, può essere proclamato a due condizioni». La prima condizione è che lo sciopero nasca da una iniziativa di una organizzazione sindacale o coalizione di organizzazioni sindacali che abbia rappresentatività maggioritaria nell’azienda. La seconda condizione (che scatta in mancanza della prima) è che organizzazioni sindacali non maggioritarie abbiano sottoposto a referendum preventivo tra tutti i dipendenti dell’azienda, o della singola unità produttiva, la proclamazione dello sciopero e abbiano ottenuto un numero di voti favorevoli complessivamente superiore alla metà dei voti espressi. E il referendum è valido se vi ha partecipato almeno la metà dei lavoratori interessati. In pratica, il Cobas di turno deve convincere il 51% dei dipendenti per bloccare le macchine. Altrimenti il diritto allo sciopero salta. In verità, all’interno della maggioranza si discute sulla percentuale necessaria perché lo sciopero venga approvato ed è probabile che l’asticella (come hanno suggerito ad esempio Cisl e Uil) scenda al di sotto del 50%. Ma la tagliola sarebbe pesante per i piccoli sindacati. «È diventato frequentissimo – osserva il senatore Pietro Ichino nella relazione introduttiva della legge – l’uso dello sciopero come strumento per misurare il consenso raccolto da una coalizione in contrapposizione con una o più altre. Soprattutto dove il servizio di trasporto pubblico è gestito in regime di sostanziale monopolio, è venuta affermandosi una vera e propria cultura dello sciopero come routine: si considera normale che il servizio venga interrotto una o persino due volte al mese». Un andazzo che penalizza le grandi sigle sindacali. «Sul piano delle relazioni industriali – annota ancora chino – chi ne ha sofferto il danno più grave sono i sindacati più responsabili, che, praticando la moderazione nell’esercizio di questo diritto, sono stati per così dire “messi nell’angolo” da sindacati autonomi, minoritari ma più aggressivi e sovente del tutto indifferenti alla sproporzione tra il danno causato alla cittadinanza e la posta in gioco nella controversia».