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 2016  marzo 19 Sabato calendario

La vera posta in gioco dietro al matrimonio tra Bpm e Banco Popolare

La posta in gioco che sta dietro alla prima fusione tra banche popolari (post riforma) va ben oltre le sorti di Bpm e Banco Popolare. Ridurre il numero delle banche, migliorarne l’efficienza e la redditività è un segnale forte per il rafforzamento dell’intero sistema. E banche più forti sono indispensabili per aumentare il credito all’economia reale.
Il rafforzamento delle banche non è detto che debba avvenire solo con un nuovo round di aumenti di capitale, tanto che anche la Vigilanza della Bce sembra aver ridimensionato l’approccio focalizzato sui ratio patrimoniali che l’ha contraddistinta fino a pochi mesi fa. Il rafforzamento può (e deve) avvenire anche attraverso le aggregazioni che, attraverso le sinergie, rendono gli istituti ne aumentano l’efficienza e la redditività. La riforma che obbliga le grandi popolari a trasformarsi in società per azioni doveva essere il driver principale di questo processo. A un anno dalla sua approvazione però, dopo molte trattative interrotte, ancora nessuna aggregazione è stata realizzata. Ora Bpm e Banco Popolare provano a concretizzare la prima operazione che, proprio per il rafforzamento generale del sistema bancario ed economico, è ben vista da investitori, Autorità e Governo.
Forse non è la migliore combinazione possibile. Ma è certamente l’unica possibile quest’anno, essendo arrivata ormai alla vigilia dell’approvazione da parte dei consigli di amministrazione. Se davvero l’aggregazione andrà in porto, e altre ne seguiranno, il sistema si rafforzerà con la creazione di nuovi maxi-poli bancari che affiancheranno i due colossi UniCredit e Intesa Sanpaolo, ormai impossibilitate a crescere in Italia anche per motivi Antitrust. La creazione di quattro o cinque grandi banche solide (e ben radicate nei territori) può diventare utile anche per la successiva aggregazione di realtà minori e non quotate in Borsa, in alcuni casi in difficoltà a reperire i capitali necessari per adeguarsi alle nuove regole di Basilea 3.
È ancora presto per dire se la lunga turbolenza che ha contagiato le banche italiane durante la crisi degli ultimi anni stia volgendo al termine. Nei primi due mesi dell’anno – dopo il salvataggio delle 4 banche in default, l’avvio del bail-in e le incertezze sul progetto di bad bank – i titoli bancari sono crollati in media tra il 30 e il 40%. Le fragilità restano e vanno risolte con gradualità. Un’efficientamento del sistema è dunque necessario. E il varo della prima fusione tra due grandi banche popolari può rappresentare una svolta destinata a migliorare il clima (e le valutazioni delle banche in Borsa) nei confronti degli investitori istituzionali. Investitori che saranno decisivi negli aumenti di capitale che entro l’estate saranno necessari per il salvataggio-rilancio di Popolare Vicenza e Veneto Banca, due banche fondamentali per l’economia del Nordest.
Perchè gli investitori ritrovino il feeling perduto con il settore bancario, in un’Italia alle prese ancora un’incerta ripresa economica e nell’era dei tassi-zero, serve uno sforzo di efficienza. Ma anche una vigilanza bancaria europea che dia alle banche, e soprattutto agli investitori, l’idea di un quadro regolatorio che resti stabile per qualche anno.