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 2016  marzo 18 Venerdì calendario

Perché le banche europee hanno così tanti problemi in borsa

Nulla sembra aiutare le banche, non solo in Italia ma in tutta Europa, a risollevarsi dallo stato di malessere in cui versano sulle Borse. Anche la giornata di ieri è stata un’altra seduta da dimenticare per molte banche. Sono cadute le italiane, ma anche le spagnole, i due big tedeschi quotati cioè Commerbank e Deutsche bank. E anche le francesi hanno vissuto un’altra seduta sottotono. Deutsche e Commerzbank hanno lasciato sul campo un buon 2%; le iberiche Banco Popular e Bankia hanno perso valore intorno al 3%. Male in Francia Natixis (-2,3%) con SocGen (-1,9%). Non fa bene certo alle banche il contesto macro-economico e finanziario in cui sono costrette a operare. I tassi a zero; il clima pre-deflazionistico, e i rischi di un ulteriore perggioramento dell’economia dell’eurozona, riproposti ancora ieri da Mario Draghi, non sono certo un buon viatico per i conti delle banche. I tassi a zero comprimono, se ancora ce ne fosse bisogno, i margini di interesse degli istituti che più di tanto non possono alzare gli spread del credito offerto a imprese e famiglie. Un’economia ferma non aiuta sui volumi di credito. E c’è, per le banche del Sud Europa più esposte ai prestiti all’economia, l’impatto dei crediti malati, accumulati negli anni, che vanno piano piano svalutati sulla profittabilità, tenendo schiacciato il Roe a livelli ancora troppo bassi.
Per le grandi banche d’affari del Nord Europa, che hanno un’esposizione al credito limitata al 30-40% degli attivi, pesano invece le incertezze legate ai molteplici contenziosi legali in cui sono incappate. Dalla truffa sul Libor; alle manipolazioni dei prodotti, ai titoli tossici venduti alla clientela. Come si è visto le multe e le sanzioni per le litigation contano e molto per i colossi bancari del Nord Europa. Buona parte della perdita record da 6,8 miliardi registrata da Deutsche Bank alla fine del 2015 è da imputare infatti ai maxi-accantonamenti per le molteplici cause legali. Ma questo vale anche per molte banche inglesi che hanno visto perdite l’anno scorso legate appunto agli accantonamenti per le cause giudiziarie. Eppure per le banche commerciali che fanno dell’attività creditizia il loro core business qualche aiuto era arrivato dalla Bce solo qualche giorno fa. A mitigare i margini d’interesse compressi ecco la manovra sui tassi di finanziamento a zero di Francoforte e addirittura il rimborso della Bce alle banche di 40 punti base se il denaro prelevato era indirizzato a fare nuovi prestiti. Una manovra che a detta di tutti ha il vantaggio di abbassare ulteriormente il costo del funding per le banche. Ci si aspettava un riconoscimento positivo delle Borse che ieri non è avvenuto. Forse arriverà nei prossimi giorni. Chissà. Un fatto è certo e ineludibile.
Quasi nessuna banca europea da quelle commerciali ai big dell’investment banking, escluse solo le scandinave, quota oggi più del suo patrimonio netto. Una valutazione molto sacrificata, che dice che il mercato non è disposto a prezzare un titolo bacario almeno il valore del suo capitale attuale. Vista così è un prezzo da saldo, come se le banche non si siano mai riprese dagli effetti della Grande Crisi post-Lehman. Forse il mercato sbaglia a essere così punitivo nei confronti dei titoli del credito, ma è vero che la redditività media resta in molti casi molto bassa. Di sicuro ben lontana dai Roe a doppia cifra pre-crisi.
E in più, oltre alle zavorre rappresentate dalle sofferenze per le banche periferiche e dai titoli illiquidi presenti massicciamente ancora nei bilanci delle banche d’affari, pesa certamente un altro fattore. Quel fattore è il pesante rafforzamento patrimoniale chiesto dalle Autorità di regolazione dopo il crac Lehman. La continua stretta sui requisiti di capitale, non può che tenere depressa la redditività a parità di profitti. E quei profitti negli anni scorsi sono addirittura scesi. Certo evitare una nuova crisi sistemica per il crac di una banca è l’imperativo, più che giusto, dei policy makers ma è indubbio che la maggior solidità, in un clima macro-economico non certo brillante ha inciso sulla minore profittabilità. E così le banche hanno finito per pagare dazio al mercato. Non da ieri ma da molto tempo ormai.