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 2016  marzo 16 Mercoledì calendario

Pantani e la camorra, ora si muove la politica

La lunga mano della camorra sull’esclusione di Marco Pantani dal Giro 1999 (ipotesi giudicata «credibile» dal procuratore capo di Forlì, Sergio Sottani) e la richiesta di archiviazione presentata dai titolari della nuova inchiesta su Campiglio. Un paradosso difficile da accettare, al di là delle spiegazioni tecniche (reati prescritti) messe nero su bianco dal pm. Troppo alta la posta perché la storia non avesse delle ripercussioni, troppo forte l’eco mediatico in tutto il mondo per non immaginare un seguito. E perplessità espresse dalle istituzioni, con governo e commissione Antimafia (presieduta da Rosy Bindi) chiamati in causa da tre parlamentari del Pd: la responsabile Sport, Daniela Sbrollini, Tiziano Arlotti e Ernesto Magorno.
«Alla luce delle nuove indagini, bisogna fare di tutto perché emerga la verità al più presto. Pantani è stato vittima di criminali che hanno macchiato la sua carriera: il fatto stesso che la camorra abbia voluto tradire e inquinare l’immagine di un campione così straordinario è inquietante». Così la deputata Sbrollini. Il collega Arlotti: «I magistrati ritengono credibile l’intervento della camorra sulla esclusione di Pantani dal Giro: spero che il presidente Bindi si attivi per fare luce su questi fatti, mentre chiedo al sottosegretario alla Presidenza, Luca Lotti, d’intervenire nei confronti di Coni e Uci per ristabilire la verità storica anche dal punto di vista sportivo». Il deputato Magorno ipotizza l’audizione del pm di Forlì: «Chiederò al capogruppo Pd in commissione Antimafia, Franco Mirabelli, e alla presidente Bindi di valutare la convocazione a Roma dei magistrati di Forlì e dei legali della famiglia. L’intercettazione del detenuto che conferma il ruolo della camorra nell’alterazione degli esami clinici del ciclista apre uno scenario inquietante. È opportuno che sia chiarito se le indagini devono fermarsi per prescrizione oppure se ci sia modo di appurare i fatti. Il Parlamento deve verificare l’esistenza di altri percorsi giudiziari da seguire».
Insomma, la parola d’ordine è una: tenere viva l’indagine per individuare le varie responsabilità e riscrivere in modo definitivo il 5 giugno 1999. Ma come superare l’ostacolo degli anni trascorsi che hanno sterilizzato i reati dell’associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva? Il margine è stretto, ma non impossibile. Ed è quello sul quale conta d’infilarsi Antonio De Rensis, legale della famiglia, intento a preparare la domanda di opposizione alla richiesta di archiviazione. C’è un reato ancora «vivo»: l’estorsione. Potrebbero averla subita i medici che quel giorno hanno effettuato il discusso prelievo del sangue (con l’ematocrito del Pirata risultato oltre il limite di 50% consentito dalle regole di allora), ma pure lo stesso entourage del romagnolo. Ci sarebbe margine per indagare ancora.
Una tesi condivisa in modo netto dal reparto carabinieri per la tutela della salute di Roma (i Nas), delegati da Forlì a compiere indagini, che nella loro informativa prendono in esame le tante incongruenze rilevate nelle deposizioni dei dottori e dell’ispettore di Campiglio, fino ad affermare: «Sono stati costretti ad eseguire la manipolazione del campione ematico di Pantani e poi a sostenere il proprio operato anche in sede giudiziaria». Una tesi che aveva spinto il pm a metterli sotto intercettazione, ma il gip ha rigettato l’istanza motivando il rifiuto proprio perché non riteneva ci fossero gli elementi per ipotizzare l’estorsione. Una decisione che, alla luce soprattutto della intercettazione in cui l’affiliato alla camorra ammette l’alterazione dei test, appare quantomeno discutibile. Anche su questo fronte potrebbe chiedere spiegazioni la Commissione antimafia, magari sentendo come mai i magistrati della Dda di Bologna non abbiano pensato di acquisire gli atti della inchiesta.