MilanoFinanza, 16 marzo 2016
Lo Stato rischia di diventare il primo azionista di Mps
Lo Stato Italiano rischia di diventare a tutti gli effetti il primo azionista del Monte dei Paschi di Siena. Secondo quanto risulta, a luglio il Tesoro potrebbe aumentare la propria partecipazione nella banca toscana dal 4 al 7% per un tecnicismo del contratto dei cosiddetti Monti bond. Il prestito di Stato da 4,07 miliardi di euro ottenuto nel 2013 è stato interamente rimborsato lo scorso anno dopo l’aumento di capitale da 3 miliardi.
Restano però gli interessi maturati sul 2015 e il regolamento prevede che, in assenza di profitti per remunerare le cedole, la banca paghi in azioni di nuova emissione da prezzare al valore di mercato e non sulla base del patrimonio netto. Si potrebbe obiettare che il bilancio 2015 si è chiuso in utile, ma quei 390 milioni di profitti sono figli della nuova contabilizzazione del derivato Alexandria, senza la quale il consuntivo avrebbe presentato una perdita di 110 milioni. Si tratterà insomma di capire se il beneficio contabile varrà come utile a tutti gli effetti oppure se, come l’anno scorso, la banca sarà costretta a pagare gli interessi in azioni. In tal caso, secondo indiscrezioni riportate ieri da Reuters, la quota del Tesoro potrebbe salire dal 4 al 7%, superando Fintech e attestandosi al primo posto tra gli azionisti del Monte.
Lo scenario suscita opinioni contrastanti sul mercato. C’è ad esempio chi ritiene che il nuovo assetto potrebbe dare maggiore stabilità a una banca che oggi si presenta come una public company a tutti gli effetti. Alcuni analisti però ritengono che un irrobustimento del Tesoro potrebbe ostacolare l’aggregazione di Mps con un’altra banca e, più in generale, qualsiasi scenario di m&a per l’istituto senese. Ieri in ogni caso sul titolo sono scattate le prese di beneficio dopo la fiammata di lunedì e in borsa ha lasciato sul terreno il 5,98%. «Sul titolo c’è molta speculazione e infatti la volatilità è accentuata. Comunque, a mio avviso la performance di oggi è legata a prese di profitto dopo i forti rialzi dell’ultimo periodo», ha spiegato un analista all’agenzia MF-Dow Jones.
Sullo sfondo restano le ipotesi di aggregazione che periodicamente riemergono stimolando la stessa speculazione e le solite perplessità. Secondo fonti di stampa, il governo italiano sarebbe in pressing su alcune grandi istituzioni finanziarie, come Cdp e Intesa Sanpaolo, per trovare in tempi rapidi un partner al Monte. La regia del progetto sarebbe però al momento tutta politica, visto che l’amministratore delegato di Intesa Carlo Messina ha ripetutamente escluso un interesse per il dossier senese. «Aspettiamo cosa elaborano, io guardo sempre in positivo», ha comunque glissato il numero uno della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, che proprio qualche giorno fa aveva riacceso l’attenzione del mercato sul dossier Mps. Intanto ieri il presidente della Fondazione Mps Marcello Clarich ha fatto un passo indietro in relazione ai processi di aggregazione della banca senese: «La quota di partecipazione della Fondazione Mps nel Montepaschi è dell’1,5%, pertanto non è un socio determinante nei processi» di aggregazione, ha spiegato Clarich a margine di un seminario dello Svimez, aggiungendo poi: «Non ho informazioni dirette, né partecipo a tavoli e trattative».