Il Messaggero, 16 marzo 2016
Come sarà il remake di Ben Hur, in uscita quest’estate
Per girare la corsa delle bighe, immagine-cult del cinema di tutti i tempi, ci è voluto un mese intero: la troupe del nuovo Ben Hur, rifacimento del kolossal diretto nel 1959 da William Wyler e vincitore di 11 Oscar, ha occupato un enorme spazio alle spalle del parco di divertimenti Cinecittà World dove schiere di artigiani, scenografi, pittori hanno ricostruito un esercito di spettacolari quadrighe, rifinite fin nei minimi dettagli.
E per interpretare il protagonista, al posto di Charlton Heston è stato scelto Jack Huston, 33 anni, britannico, lanciato dalla serie Broadwalk Empire e appartenente alla dinastia cinematografica del grande regista John Huston e dell’attrice Anjelica. Il cast multietnico è completato dal mitico Morgan Freeman e da un gruppo di attori in ascesa: l’inglese Toby Kebbell nel ruolo di Messala, l’iraniana Nazanin Boniadi, l’israeliana Ayelet Zurer, il brasiliano Rodrigo Santoro, il danese Pilou Asbaek.
Ma per capire se il nuovo Ben Hur, una superproduzione Paramount e Metro-Goldwyn-Mayer a base di effetti speciali, diretta dal regista kazako Timur Bekmambetov (I guardiani della notte, Wanted) è all’altezza del celeberrimo film di Wyler, bisognerà aspettare l’11 agosto, quando verrà distribuito in Italia da Universal. In comune, le due trasposizioni cinematografiche del romanzo di Lew Wallace Ben Hur - una storia di Cristo (ma c’era stato anche un film muto del 1925) hanno il luogo delle riprese (Cinecittà nel 1959, Cinecittà e Matera oggi) e l’epica storia del nobile Giuda-Ben Hur, falsamente accusato del tradimento del fratello adottivo Messala, allontanato dalla donna amata e ridotto in schiavitù. In cerca di vendetta, troverà la salvezza: l’incontro con il Messia cambierà la sua vita.
ATTUALITÀ
«Ben Hur racconta una grande storia contemporanea», spiega Bekmambetov, «e ho deciso di farne un film su di noi, sul presente, sui motivi che ci portano ad avere gli stessi problemi dell’antichità: sappiamo come è finito l’impero romano e non vogliamo che il nostro mondo abbia la stessa sorte». Aggiunge il produttore Sean Daniel: «Il nostro film non è un remake. Invece di partire dal kolossal di Wyler, abbiamo fatto riferimento al libro di Wallace. La versione del 1959 finiva con la vendetta, la nostra storia arriva al perdono, un messaggio più che mai importante nella nostra epoca dominata dai conflitti». Sulla stessa linea il protagonista Jack Huston: «Sento di aver interpretato una storia sul perdono e la redenzione», spiega. «Il mio personaggio è un giovane principe che si interroga sulle grandi questioni della vita. La sua epopea è un viaggio interiore che lo porta a diventare un uomo, è una sorta di risveglio. Alla base del film sono i sentimenti che stanno alla base dell’esistenza e sono più grandi di noi: perdono, redenzione, amore, odio, famiglia». E aggiunge che sul set è nato un rapporto fraterno con Toby Kebbel, che interpreta Messala.
Biondo e imponente, Pilou Asbaek fa Ponzio Pilato: «Ho letto la Bibbia e il romanzo di Wallace, ho visto il film di Wyler e poi ho scordato tutto», racconta. «Sono un vichingo e il mio Pilato più che lavarsi le mani combatte. È molto macho, rispetto alla tradizione: mi pare giusto, in un film che ha l’ambizione di essere nuovo».