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 2016  marzo 16 Mercoledì calendario

La Sony si è comprata il tesoro di Michael Jackson: due milioni di canzoni (Beatles inclusi) per 750 milioni di dollari

Era la primavera del 1981, Michael Jackson era ospite a cena a casa di Paul McCartney e di sua moglie Linda, quando l’ex Beatle aprì sul tavolo un librone misterioso. «Questo è la raccolta delle canzoni di cui possiedo i diritti – disse allora Paul – e questo è il modo in cui si fanno i soldi veri: ogni volta che qualcuno registra una di queste canzoni, io vengo pagato. Ogni volta che qualcuno ne suona una alla radio o dal vivo, io vengo pagato».
Mai nessuno imparò meglio e più in fretta una lezione di Michael Jackson quella sera. Quattro anni dopo, al termine di una trattativa durata mesi e giocata come «una partita di poker» intercontinentale tra l’America e l’Australia, il cantante diThriller acquistò per 46 milioni di dollari (ma c’è anche chi dice 41,5) la Atv, il più grande catalogo di edizioni musicali al mondo che, per somma beffa, comprendeva quasi tutte le canzoni composte da Lennon & McCartney ai tempi dei Beatles. La stessa società che è il nucleo centrale – e più importante – di quella Sony/Atv che ieri gli eredi di Jackson per 750 milioni di dollari hanno ceduto completamente alla Sony, che ne possedeva già il 50%.
Non è solo un gigantesco affare: è anche la grande rivincita postuma del re del pop, a quasi sette anni dalla morte. Un colpo da maestro: la cifra servirà ad azzerare i debiti della società che gestisce la sua eredità (nel 2009 erano 500 milioni di dollari) e ciò che rimane verrà versato a un fondo fiduciario per i suoi tre figli, Prince Michael, 19 anni; Paris Michael Katherine, 17 anni; Prince Michael II detto Blanket, 14 anni. Che comunque si tengono il 10% delle edizioni della Emi Music Publishing e i diritti detenuti dalla Mijac Music, la società che amministra le canzoni di Michael Jackson (più alcune altrui, aggiunte nel tempo) e i master di tutte le sue registrazioni. 
La Sony/Atv è il più grande editore musicale al mondo, gestisce i diritti di due milioni di canzoni e incassa ogni anno 1,2 miliardi di dollari. Un colosso che amministra l’eredità artistica dei Beatles, di Bob Dylan, Eminem, Björk, Shakira, Francesco De Gregori (che non a caso ha appena pubblicato un album di canzoni di Dylan). Quando si suona Moon River, Over the Rainbow Footloose, dall’omonimo film, la Sony/Atv incassa qualcosa, e così pure da Hound Dog, che nella versione di Elvis Presley è una delle canzoni più popolari di sempre.
Si tratta, insomma, di un colosso, uno dei veri padroni della musica, ora che i dischi non si vendono più e l’industria si regge esattamente su ciò che quella sera di tanti anni Paul McCartney spiegava a Michael Jackson. E l’operazione da lui condotta tra il 1984 e il 1995, quando in società entrarono i giapponesi della Sony al 50%, si può legittimamente considerare uno dei punti di svolta del rapporto tra musica e business, come i «bond» lanciati da David Bowie negli Anni 90 sui suoi futuri diritti d’autore, o la rete di società e di investimenti che hanno creato gli U2 tra Irlanda e Olanda.
Al confronto, il povero Paul McCartney (che è pur sempre l’artista più ricco di Gran Bretagna, con un patrimonio di 730 milioni di sterline) fa un po’ la figura dell’ingenuo. Proprio nei giorni in cui diede a Jackson l’idea di acquistare Atv, pare che lui stesso – con Yoko Ono – stesse cercando di fare quell’affare. La richiesta del proprietario australiano era di 40 milioni di dollari, e lui e la vedova di Lennon avrebbero dovuto entrare al 50%, investendo dunque 10 milioni di dollari a testa. Ma Yoko decise che ne avrebbe spesi al massimo cinque, e la trattativa si arenò per sempre. 
Anni dopo, ospite nel talk show di David Letterman, McCartney offrì il suo punto di vista: «Pensavo che Michael fosse la persona giusta per quell’affare, in fondo là dentro c’era la società che avevamo creato a 21 anni firmando un foglio in un vicolo di Liverpool, era bello che andasse a un artista. L’ho chiamato per capire se potevamo diventare soci, lui mi disse solo: “Sono soldi, Paul. Tutto qui”. Non ho mai avuto una vera risposta. E certo, dopo quella storia ci siamo un po’ allontanati».