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 2016  marzo 16 Mercoledì calendario

«Nessun perdono. Gli assassini di Luca meritano la pena di morte». Il grido disperato dei Varani

La casa a due piani in mattoni rossi è circondata da un giardino disordinato con tante piante fiorite e due piccoli alberi di limoni e arance. Un’esplosione di colori e di vita che suona come uno schiaffo rispetto alla sofferenza che si consuma tra le mura in cui è cresciuto Luca Varani.
La disperazione è totale. Devastante. Cieca. Tanto da spingere i familiari del ventitreenne, ucciso da due giovani drogati di cocaina e sesso estremo, a chiedere la pena di morte. Eccolo l’urlo di dolore: «Il padre di Manuel Foffo ci vuole incontrare per chiedere perdono? E con quale coraggio si presenterà? Noi non vogliamo vedere nessuno. Noi non perdoneremo nessuno. Anzi, noi chiediamo la pena di morte. E se proprio volete aiutarci voi giornalisti, fate una raccolta di firme per chiedere la pena di morte per quei due lucidi assassini».
Parole nude, spietate, dettate dal tormento per la morte di «un ragazzo buono, gentile, che ora viene dipinto nel peggiore dei modi e che invece non ha mai fatto male a nessuno». Parole che in un secondo momento si cerca in qualche modo di recuperare. Interviene una zia di Luca: «Se non proprio la pena di morte, quanto meno ci vuole l’ergastolo per quello che hanno fatto a mio nipote. Ma l’ergastolo vero, quello per cui non si esce più dal carcere. Perché adesso quei due vogliono passare per pazzi o esauriti e così possono avere uno sconto di pena. E noi qui con il nostro dolore immenso. Dolore, dolore, e ancora dolore».
Già domani potrebbe aver luogo il funerale del ragazzo torturato e ucciso con la promessa di 150 euro per un rapporto sessuale. Proseguono intanto le indagini sui due arrestati, Manuel Foffo e Marco Prato, da parte dei carabinieri del Reparto operativo di Roma, coordinate dal pm Francesco Scavo. Ieri è stato sequestrato il computer di Prato (difeso dall’avvocato Pasquale Bartolo) che potrebbe contenere, tra le altre cose, i video dei rapporti gay con Foffo. Proprio quest’ultimo sarà nuovamente sentito oggi dal magistrato per mettere a punto l’interrogatorio di giovedì scorso, richiesto da lui per smentire la versione del complice. Foffo, assistito dall’avvocato Michele Andreano, si assume infatti la responsabilità di aver colpito con coltellate e martellate il povero Luca ma ribadisce di averlo fatto insieme a Prato, gay dichiarato. Inoltre ribadisce di essere eterosessuale, «con Marco ho avuto solo un paio di rapporti orali e quando mi ha menzionato mio padre mi è salito il veleno. Ho ucciso quel ragazzo ma in realtà volevo uccidere mio padre». 
Marco Prato invece scarica tutto sul complice. L’inchiesta punta a definire con esattezza il ruolo della coppia diabolica. Non solo per le fasi del brutale omicidio (trenta i colpi inferti alla vittima), ma anche per quelli successivi. I due assassini hanno provato a liberarsi del cadavere? Qualcuno li ha aiutati a ripulire la casa dell’orrore? Durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Prato ha dichiarato: «Dopo il delitto Manuel si è lavato e si è cambiato. Io ho indossato la parrucca rosa e ci siamo addormentati abbracciati. Eravamo strafatti di coca e superalcolici. Solo al risveglio mi sono reso conto della gravità: abbiamo avvolto Luca in una coperta e lo abbiamo messo sul letto. Manuel si voleva sbarazzare del corpo, io volevo suicidarmi e lui non ha fatto niente per fermarmi. Io dicevo che non avrei potuto più vivere con questo rimorso e Manuel mi ha risposto che questa cosa ci avrebbe legato per la vita».