Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 16 Mercoledì calendario

Con la sua candidatura Giorgia Meloni vuole rivendicare il coraggio della destra

Solo oggi, in modo «non tradizionale», con un annuncio in un evento pubblico in piazza del Pantheon, scioglierà la riserva. Perché l’ultimo tentativo per fiaccare la resistenza di un indomito Silvio Berlusconi va fatto. Ma Giorgia Meloni sa che ormai tornare indietro sarebbe infinitamente più difficile che andare avanti. Lo sa da giorni che quella che ha sempre definito come «l’extrema ratio» era, se non la prima, forse l’unica soluzione. Per se stessa e per il suo partito. Perché, come ha ragionato con i suoi nelle tre ore di direttivo di Fratelli d’Italia – 10 componenti che all’unanimità le hanno affidato il mandato a candidarsi – non si può accettare che Berlusconi «ci consideri come qualcosa di suo, senza una nostra autonomia, pronti a scattare agli ordini» quando «noi ci siamo sganciati e abbiamo affrontato da soli un voto politico, non siamo entrati nel governo Letta, abbiamo condotto le nostre battaglie da soli, non abbiamo mai chiesto nulla». Alla Lega, si sono lamentati i dirigenti e primo Ignazio La Russa, è stato sempre «concesso tutto», a FdI nulla, e il sospetto è che sia per la paura di perdere voti a destra da parte di FI o comunque per la convinzione che tanto il piccolo partito sarebbe sempre rimasto a rimorchio della casa madre.
Ma se è «il coraggio e perfino la follia» che viene richiesto in certe circostanze «noi della destra ce l’abbiamo, non abbiamo paura delle battaglie», ha rivendicato la Meloni assieme ai suoi in una riunione che serviva a far capire che «noi ci abbiamo provato fino all’ultimo a tenere unita la coalizione» e a tentare di convincere Berlusconi. Un tentativo a due, assieme a Salvini, col quale ieri c’è stato un incontro e un costante contatto per avere garanzie: il leader della Lega ha promesso «tutto l’appoggio possibile, ci spenderemo in ogni modo», in FdI dicono che hanno dovuto «quasi frenarlo, la campagna elettorale la gestiamo noi...». E lui pure è ancora convinto che Berlusconi debba cedere e che possa essere utile la preoccupazione che in queste ore monta tra gli azzurri per una corsa che rischia di vedere FI stritolata elettoralmente fra la Meloni, Marchini, anche Storace se non si arriverà a un accordo a destra che pure lei cercherà.
Rischi che sono per tutti, di tutti. La Meloni sa che candidandosi il suo obiettivo minimo è arrivare terza, con più voti dei rivali Bertolaso e soprattutto Marchini. Non sarebbe una vittoria, ma comunque l’unico modo per uscire dal muro contro muro tra Salvini e Berlusconi che la sta schiacciando: «Siamo certissimi che supererà sia Marchini che Bertolaso, o non l’avremmo spinta a candidarsi», dicono dal suo partito. Ma il ballottaggio ad oggi appare come un traguardo difficile. A oggi, perché la speranza è che il quadro possa cambiare.
Per il momento raccontano di un Berlusconi gelido e furioso, che ieri non ha parlato con nessuno dei due – a oggi – rivali, che considera «una mossa opportunistica, autolesionista e lesionista» la candidatura, che non si fida più, che vede «un attacco chiaro alle gerarchie del centrodestra» e a lui sopra a tutto. Ma chissà che il tempo non serva a ricostruire quello che oggi appare distrutto.
Per lei, la Meloni, il tempo del dubbio scade oggi. La maternità così centrale in questi giorni furiosi non pesa, anzi le fa – e magari lo farà elettoralmente – da volano. Tanto che a Berlusconi che la striglia perché faccia solo la mamma non ha voluto rispondere: «Non mi interessa». Sono altre le accuse che l’hanno ferita, quelle politiche, perché a guidare la sua scelta sarà la politica, che è fatta «di coraggio, e noi ne abbiamo tanto».