il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2016
Vediamo come se la cavano i leader europei con Twitter e Facebook
La scalata a Palazzo Chigi di Matteo Renzi era iniziata con #enricostaisereno. #Enrico stava per Letta, presidente del Consiglio e compagno di partito. L’invito alla “serenità” invece si sarebbe trasformato in coltellata politica di lì a pochi giorni. L’uso irrituale dei cancelletti è una cifra della sua comunicazione già da prima della presa del potere. Ma gli altri premier come twittano?
Lo studio. La prima analisi comparativa sui social network dei 6 principali leader europei è stata realizzata dalla società di comunicazione Doing, che l’ha presentata ieri mattina a Montecitorio. In estrema sintesi: Mariano Rajoy li usa in modo compulsivo, ma con poco metodo. Angela Merkel non ha un account Twitter ufficiale ma è la più popolare su Facebook. Alexis Tsipras è quello più proiettato fuori dai confini del proprio paese. Francois Holland è il più piatto, David Cameron il più equilibrato e rispettoso del profilo istituzionale. Renzi? È il migliore su Twitter.
Angela e i migranti. La cancelliera, dunque, snobba i cinguettii ma ha i numeri migliori sul network di Zuckerberg. Non per lo stile, che non è particolarmente innovativo, ma per una circostanza specifica: la sua posizione sull’accoglienza dei migranti (la stessa, che avrebbe favorito la destra populista nelle elezioni di domenica). Nel giorno in cui la Merkel ha dato il “benvenuto” i rifugiati, il 3 settembre 2015, ha ottenuto un incremento di 41 mila fan sulla sua pagina (buona parte dei quali provenienti da Iraq ed Egitto).
Hashtag e Grexit. Su Facebook e su Twitter, Tsipras è uno dei premier con la fan base meno cospicua. Il greco però è anche l’unico dei sei che ha un profilo in lingua inglese ad hoc per la comunicazione internazionale: c’è una strategie per il pubblico greco e una per quello europeo. I suoi account hanno registrato un’impennata con il referendum del 5 luglio (+18 mila like su Facebook), quello che sembrava aver aperto la strada alla Grexit.
Gli altri. Francois Hollande ha uno stile asettico e poco incisivo. Pubblica quasi esclusivamente brevi messaggi di testo (il 95%), pochi link e poche fotografie. La sua crescita nel 2015 è concentrata nei giorni successivi agli attentati di Parigi del 13 novembre.
Anche Cameron comunica in modo asciutto, ma molto più vario e dinamico dell’omologo francese: pubblica molte fotografie, particolarmente curate, e anche alcuni video (ancora poco usati dai politici europei). Su Twitter, peraltro, Cameron ha anticipato le nomine dei ministri.
Lo spagnolo Rajoy è invece quello più attivo in termini assoluti, specie su Twitter dove nel 2015 si contano la bellezza di 5.248 cinguettii. È anche il meno fantasioso (oltre il 50% dei messaggi sono retweet del suo partito e di parlamentari amici) e il meno rilevante per la qualità dei contenuti. Rajoy è il penultimo dei 6 premier per follower su Twitter (poco più di 1 milione) e ultimo per fan su Facebook (175 mila).
Innovatore digitale. Su Facebook nel 2015 Renzi ha una crescita modesta rispetto agli altri leader. Su Twitter, invece, ha staccato tutti: alla fine dell’anno i suoi follower erano 2.177.652 (continuano ad aumentare), i suoi tweet sono stati letti da 11,6 milioni di persone. È l’unico dei 6 premier che interagisce con gli altri utenti (il 16% dei suoi messaggi sono replies, risposte), quello con lo stile più personale e con la capacità di inventare hashtag riconoscibili e virali. Ma non è tutto oro. Come sottolinea Marco Massarotto, fondatore di Doing, il premier ha un approccio “poco internazionale” e molto autoriferito. Gran parte dei suoi contenuti riguardano la promozione delle riforme e la politica interna in generale: il suo profilo (tra i 6) è quello che ha meno rilevanza fuori dai confini nazionali. Inoltre è quello più squilibrato nel rapporto di genere: tra i suoi follower solo il 25% sono donne.