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 2016  marzo 15 Martedì calendario

Sul fallimento Sindona c’è qualcosa da imparare (in fondo nessuno ci rimise una lira)

Marco Magnani ha scritto un saggio molto interessante dal titolo Sindona. Biografia degli anni Settanta (Einaudi, pp.160, 21 euro). Magnani è un eccellente economista, profondo conoscitore di tutti gli aspetti dell’economia reale, con particolare riguardo alla manifattura; affronta anche temi di storia economica.
Proprio per la sua formazione ed esperienza Magnani riesce meglio, nel suo saggio, quando affronta il quadro d’insieme e le ragioni alla base della rapida ascesa e della precipitosa caduta del bancarottiere siciliano, proiettandosi poi anche nella trattazione della figura e delle vicende di Roberto Calvi. Emerge, come è giusto, la figura dell’«eroe borghese», Giorgio Ambrosoli. Vanno fatte due osservazioni: il fatto che il governatore della Banca d’Italia di quegli anni, Guido Carli, non adottò subito soluzioni radicali nei confronti delle gravi violazioni commesse dagli istituti di credito del bancarottiere Sindona, poggia sulla filosofia di quel tempo della Vigilanza. Il governatore assegnava il primo posto alla tutela del risparmio in tutte le forme e con ogni mezzo, al limite anche il temporeggiare sulla messa in gestione straordinaria se le ispezioni avessero fatto rilevare che il risparmio di famiglie e imprese sarebbe stato meglio tutelato con misure alternative in una con la prevenzione di gravi impatti sistemici. All’epoca nessun depositante ebbe a patire conseguenze, neppure per una lira, dal dissesto delle due banche di Sindona. Quella filosofia della Vigilanza, che valorizzava appieno la discrezionalità tecnica dell’Organo di controllo, andrebbe considerata a fondo. Potrebbe offrire spunti anche per l’oggi, in un contesto del tutto diverso innanzitutto per la globalizzazione. Si ricordi che quella era l’epoca, durata fino ai primi anni 70, in cui era consentito alle banche avere riserve interne. L’unico obbligo era comunicarle all’Organo di Vigilanza. La posizione di Carli non si può, dunque, scambiare per indecisionismo, amletismo o peggio superficialità. Né si può analizzare con la mente e gli occhi di ora, dopo oltre 40 anni, oppure alla luce di un indirizzo giustizialista. Tutti rischi che il saggio di Magnani evita. Ma quella posizione richiederebbe un più organico esame della Vigilanza in quel tormentato periodo. Del resto furono proprio le proposte di Carli a far mutare la considerazione delle riserve occulte, la cui costituzione da parte delle banche divenne poi falso in bilancio. Su quella vicenda molto scrisse Paolo Panerai, anche insieme con De Luca: nel lavoro in questione egli è citato più volte. Sarebbe interessante, dunque, un suo commento. Anche la parte svolta dal Pci meriterebbe ulteriori approfondimenti. Non è vero che fu freddo sulla vicenda Sindona e soprattutto sull’arresto di Mario Sarcinelli, Vicedirettore generale della Banca d’Italia, e sulla sottoposizione a indagini con il ritiro del passaporto del governatore, Paolo Baffi, succeduto a Carli, vittime entrambi di una trama eversiva affaristico-politico-finanziaria con pesanti ingerenze di forze occulte. Al congresso del partito, che si celebrava nel 1979, fu votata una risoluzione a favore dei due integerrimi esponenti della banca centrale e chiaramente contro la direzione del governo di solidarietà nazionale presieduto da Andreotti, che molti, classificabili tra i buonisti, considerarono quanto meno tra coloro che nulla fecero per difendere l’indipendenza dell’Istituto e l’onorabilità e il rigore di Baffi e Sarcinelli. L’uscita dal suddetto governo fu decisa dal Pci anche in conseguenza della trama ordita contro la Banca d’Italia. Ricordo che nel discorso conclusivo della campagna elettorale nella primavera di quell’anno a San Giovanni, Berlinguer difese l’Istituto e poi, avendo visto tra la folla uno striscione dei comunisti della Banca centrale, si rivolse loro davanti a 100 mila persone, ringraziandoli per come avevano partecipato alla difesa dell’Istituzione. Di ciò che fece il personale, tutto, di Palazzo Koch Magnani, oggi alto dirigente della Banca, non scrive. Eppure potrebbero essere stilate molte pagine sulle vicende di cui furono protagonisti i dipendenti a difesa, dell’autonomia e indipendenza dell’Istituto e degli uomini che con integrità lo dirigevano. Anche con riferimento ai rapporti che diversi dipendenti di allora ebbero con i principali partiti e confederazioni sindacali, dai quali si potrebbe trarre la conoscenza del pensiero organico che su quelle vicende si era andato formando in questo versante. Anche una tale disamina potrebbe presentare elementi molto utili per l’oggi. Anche oggi, i gravi fatti che periodicamente accadono nel sistema, costantemente dovuti a illeciti e a mala gestio, vengono fatti subito risalire a carenti controlli di Vigilanza, secondo un automatismo molto spesso non argomentato e che presuppone che la Vigilanza possa tutto, persino di più di quanto, messi insieme, potrebbero magistratura, polizia, carabinieri, esercito; e possa tutto in via preventiva. Ritorneremo sull’argomento.