ItaliaOggi, 15 marzo 2016
Sugli erbicidi killer ha vinto la Monsanto
Il sito della filiale europea della Monsanto non ha nascosto una certa soddisfazione per la decisione della Commissione Ue di rinviare al 18 maggio ogni decisione in merito al rinnovo per altri 15 anni del glifosato, l’erbicida più venduto al mondo, autentico core business della multinazionale Usa dell’agro-chimica. La concessione in vigore scade a fine giugno 2016, e il commissario europeo alla Salute, Vytenis AndriuKaitis, lituano, si era detto «pronto a un compromesso per ridurre i tempi del rinnovo dell’autorizzazione a 8-10 anni, invece che a 15 anni», ma la mancanza di una maggioranza qualificata dei 28 Paesi Ue glielo ha impedito, almeno per il momento.
È l’ennesima prova del fatto che l’euro-burocrazia, sui temi della salute e dell’alimentazione, è più attenta alle richieste delle lobby delle multinazionali, piuttosto che alle indicazioni dei governi sovrani che fanno parte dell’Unione europea.
Nel caso del glifosato, ben quattro governi si erano pronunciati per il no al rinnovo del suo impiego nell’agricoltura europea: Italia, Francia, Olanda e Svezia. Al loro fianco si erano schierati anche diversi gruppi del Parlamento europeo, in testa i socialdemocratici (S&D) e i Verdi, mentre la Germania aveva assunto una posizione pilatesca, assicurando che, in caso di votazione, si sarebbe astenuta. Tutto ciò non aveva però fermato il commissario AndriuKaitis, il quale, pur facendo parte dei socialdemocratici, non vedeva l’ora di ratificare le richieste della Monsanto, tanto che la riunione tenutasi settimana scorsa in materia era considerata, alla vigilia, una pura formalità, con una decisione scontata a favore del rinnovo.
Dopo due giorni di discussioni, è però emerso che il sì al glifosato, benché sostenuto dal commissario lituano e dall’euro-burocrazia, non disponeva – sia pure per poco – della maggioranza qualificata necessaria (55% degli Stati membri, e 65% della popolazione). Sommando i no di Italia, Francia, Olanda e Svezia (il 43% della popolazione Ue), mancavano 12 punti percentuali per arrivare a quota 65. Inevitabile l’impasse politica, con il rinvio della decisione a maggio, salvo eventuali accelerazioni e sorprese.
All’origine dell’impasse, e di alcuni ripensamenti politici, vi è un netto contrasto tra due pareri scientifici sulla pericolosità del glifosato per la saluta umana. Dopo quattro anni di ricerche e 90 mila pagine di documenti, nel marzo 2015 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), tramite la propria Agenzia per la ricerca sul cancro (Iarc), ha classificato questo erbicida come «probabilmente cancerogeno per gli uomini e per gli animali». Qualche mese dopo, nel novembre 2015, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha però emesso una sentenza diversa, affermando che il glifosato «è improbabile che sia cancerogeno».
Contro quest’ultimo giudizio sono insorte decine di associazioni europee che tutelano l’ambiente e i consumatori, le quali hanno inviato ai governi dei Paesi Ue i risultati di diverse ricerche sul campo. Si è così appreso che i residui nocivi del diserbante killer sono stati rinvenuti in Europa in vari prodotti: cereali, soia, pane, urine, e perfino in 14 tipi di birra e negli assorbenti femminili. Il governo francese, con il ministro dell’Ambiente Segolène Royal, è stato il primo a schierarsi per il no al glifosato. In Italia, il governo di Matteo Renzi ha fatto altrettanto, con un netto pronunciamento dei ministri Maurizio Martina (Agricoltura), Beatrice Lorenzin (Salute) e Gian Luca Galletti (Ambiente). Una posizione elogiata dalle associazioni ambientaliste e accolta con favore anche dalla Coldiretti, che però non nasconde una certa preoccupazione.
Mettere al bando il glifosato in Italia, come ha assicurato il ministro Martina, potrebbe non bastare, poiché dall’estero potrebbero sempre essere importati prodotti agricoli di altri Paesi europei dove il glifosato è consentito, in quanto erbicida associato abitualmente alle colture Ogm di mais, soia e cotone, le cui sementi sono brevettate dalla Monsanto, come lo era fino al 2000 l’erbicida Roundup, a base di glifosato.
Dopo la scadenza di quest’ultimo brevetto, il glifosato viene utilizzato in centinaia di erbicidi utilizzati nel mondo e in Europa. Per questo la Coldiretti chiede che il governo Renzi faccia un passo in più, vietando l’ingresso in Italia di prodotti agricoli con residui di glifosato.
L’Italia, sostiene Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha le carte in regola per chiederlo: «La nostra agricoltura è la più green d’Europa, con 281 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), il divieto all’utilizzo degli ogm e il maggior numero di aziende biologiche; inoltre è al vertice della sicurezza alimentare mondiale, con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%)».
La partita continua, e tra due mesi sarà ancora più chiaro se in Europa conta di più la multinazionale Monsanto, oppure i governi sovrani, eletti in modo democratico.