Il Sole 24 Ore, 15 marzo 2016
A che punto siamo col processo Vatileaks 2
Arrivano le ammissioni. È il principale imputato del processo Vatileaks 2, il monsignore spagnolo Lucio Vallejo Balda, a riconoscere: «Sì, ho passato documenti ai giornalisti». È durata quattro ore l’udienza del processo penale in Vaticano, la prima con gli interrogatori veri e propri, segno che le questioni sul tappeto sono molte e complesse. E quello che al momento emerge è una spaccato rapporti difficili e non molto in linea con quanto chiesto dal Papa proprio sul fronte delle strutture economiche della Santa Sede, già provate negli anni scorsi da comportamenti giudicati scorretti.
L’ex segretario della commissione per le riforme economiche (Cosea), tornato in cella nei giorni scorsi per aver comunicato con l’esterno con un cellulare ha detto di aver passato al giornalista Gianluigi Nuzzi, autore di uno dei due libri al centro dell’inchiesta («Via Crucis») l’elenco di 5 pagine con 87 password della sua mail alla Cosea? «Sì – ha risposto il prelato, che in pssato aveva ricoperto la carica delicata di segretario della Prefettura per gli Affari Economici, dicastero disciolto – ma avevo la netta sensazione che le possedesse già». Nel suo interrogatorio in aula, che continuerà oggi, Vallejo ha comunque descritto il clima di pressioni e condizionamenti che dopo il termine dei lavori Cosea subiva da Francesca Chaouqui, l’altra componente della commissione, anche lei arrestata a inizio novembre scorso e poi subito rilasciata.
Ieri Nuzzi, assente all’udienza, è stato dichiarato «contumace» dal Tribunale mentre l’altro giornalista Emiliano Fittipaldi (autore di «Avarizia») era presente in aula. L’avvocato difensore di Nuzzi, Palombi, ha fatto presente che Nuzzi ha un processo in corso a Milano e che questo costituisce «legittimo impedimento» ma la Corte, dopo mezz’ora trascorsa in camera di consiglio, ha respinto questa giustificazione dichiarando però che se l’imputato si presenta nelle prossime udienze potrà reinserirsi nel processo. L’ordinanza letta dal presidente Giuseppe Dalla Torre ha autorizzato anche l’acquisizione agli atti di una lettera di Chaouqui, indirizzata a Papa Francesco per chiedere di essere sciolta dal «segreto pontificio» e potersi difendere, tuttavia non è stata autorizzata la lettura in aula del documento. La Chaouqui, presente all’udienza, ha invece ottenuto che siano messi agli atti certificati medici riguardanti la sua gravidanza e il rischio di complicanze dovute alla sua presenza in aula.
Tra i motivi per i quali Vallejo Balda temeva la per Chaouqui anche il fatto che «lei mi aveva detto di essere il numero due dei servizi segreti italiani» ha detto. Inoltre – riferisce l’Ansa – il monsignore ha aggiunto: «Non avevo la certezza giuridica, né le prove, ma la certezza morale che Francesca avesse altri interessi, non completamente legittimi». Fra gli episodi raccontati dal prelato spagnolo c’è stato quello del dicembre 2014, quando «Francesca si sentiva esclusa dal poter continuare il suo lavoro in Vaticano. Durante una conversazione davanti a Casa Santa Marta mi disse: “L’unico aiuto possibile può essere la mafia”». Molti gli elementi emersi nell’interrogatorio-fiume – è stato riferito al termine dell’udienza dai presenti – alcuni già comparsi in passato. Come la notte in cui in un albergo a Firenze Chaouqui gli si sarebbe presentata in camera, secondo quanto Vallejo Balda ha scritto nel memorandum difensivo. Il processo continuerà oggi mattina e nel pomeriggio. Sono previste ulteriori udienze per l’interrogatorio degli imputati venerdì 17, lunedì 21 e martedì 22. Insomma: non si finirà per Pasqua.