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 2016  marzo 15 Martedì calendario

Il vandalo di nove anni di Tor Bella Monaca

Nel filmato della polizia sembra uno gnomo cattivo. Cappuccio tirato sui capelli a crestina, una spanna di statura in meno dei suoi due piccoli compari. Ha nove anni e mezzo il bambino «incastrato» (ci si concedano le virgolette di maniera) mentre devastava l’ennesimo autobus della linea 20 dell’Atac, dalle parti della fermata di Tor Bella Monaca. Naturalmente non ne scriveremo il nome: sappiamo però che i suoi genitori, pregiudicati – papà ancora ai domiciliari – vivono proprio in una delle torri di «Torbella», quei luoghi che (ci si conceda la retorica retrò) un tempo avremmo detto fatti apposta per fare incattivire la gente e oggi ci appaiono l’inevitabile prodotto d’un mondo in marcia disordinata nel quale è giusto che i deboli soccombano, a prescindere. Siccome noi non la pensiamo affatto così (ci si conceda la deriva buonista) dobbiamo essere grati al piccolo vandalo, autore – dicono – di una quindicina di raid in nemmeno un mese, con finestrini spaccati a martellate, estintori usati per irrorare di schiuma sedili e abitacolo, sempre sulla linea 20, senza che nessuno degli adulti – ce ne sarà pur qualcuno su un bus in movimento – si prendesse la briga di fermare, magari con due ceffoni, la «baby gang» (ci si concedano le virgolette per mitigare la nauseabonda locuzione) composta, oltre che dallo gnomo, da un undicenne e da un tredicenne.
Potreste chiedervi: perché grati? Perché il bimbo cattivo di «Torbella» porta con sé tutte le storture contro le quali una politica e un’umanità decenti dovrebbero cimentarsi in periferia, peraltro a pochi mesi dalle elezioni: l’abbandono dei più piccoli e l’abbrutimento feroce degli adulti; l’omertosa disattenzione di chi può intervenire e non lo fa; il degrado di famiglie, condomini, rioni interi (dei genitori dei tre mini-teppisti solo due su sei non hanno precedenti penali), senza un educatore, un’associazione o un istituto in grado di disegnare un percorso alternativo almeno per un minorenne; la lotteria delle linee periferiche di trasporto, ormai così pericolose da spingere la polizia a creare un gruppo ad hoc  in borghese, al quale dobbiamo la scoperta di questa storia minima.
Le periferie, di cui molti politici vanno cianciando, sono il nostro gnometto in carne e ossa che aspetta di essere salvato (prima punito, premessa per la salvezza). Qui e ora. Magari innalzando a programma di Stato i «rammendi» di Renzo Piano. Di certo respingendo la tentazione di far spallucce perché «così vanno le cose». Non vanno così: quel bambino di «Torbella» ci sfida tutti.