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 2016  marzo 15 Martedì calendario

Ancora la gogna degli ultras. Questa volta a Udine

«Stiamo parlando di un fenomeno tipicamente italiano...». Quando, un anno fa di questi tempi, le immagini dei giocatori della Roma a capo chino sotto la curva ultrà dell’Olimpico fecero il giro del mondo, nei corridoi dell’Uefa si liquidò così la brutta figura.
L’Uefa fu chiamata in causa perché la gogna a cui furono sottoposti Totti e soci arrivò al termine dell’ottavo di finale di Europa League fra i giallorossi e la Fiorentina: l’immagine del nostro calcio ne uscì ulteriormente macchiata e, da quel momento, la Figc disse basta. Come? Dando vita a una norma (art. 12, comma 8 e 9) che, nelle intenzioni ma anche nella sostanza, vieta ogni tipo di sottomissione dei giocatori nei confronti degli ultrà in rivolta per sconfitte o altre strane situazioni.
Nessuna squalifica
Dopo un anno e qualche caso isolato e poco mediatico (i confronti dopo i derby di Genova e Milano con Genoa e Inter nel mirino), l’ultimo pomeriggio di campionato ha riacceso, prepotentemente, i riflettori sul tema. Udine, stadio Friuli o Dacia Friuli: dieci, forse più, bianconeri si presentano ad un passo dalla curva ribelle e, per dieci minuti, rimangono ad ascoltare centinaia di folli che inveiscono (il difensore Danilo prova a farsi giustizia da solo, ieri si è scusato). Gli 007 della procura Figc sono là, annotano tutto e inviano il proprio rapporto sul tavolo del giudice sportivo Gianpaolo Tosel. Cosa accadrà oggi, giorno del verdetto? Ammenda per il club e un turno di squalifica ai calciatori? La cattiva abitudine tutta italiana potrebbe andare incontro alla prima, dura, prova del codice sportivo in modo tale da creare giurisprudenza per i prossimi, possibili, casi. Potrebbe, anzi dovrebbe, articolo 12 alla mano, ma la sensazione è che a prevalere sia il niente di fatto.
Rapporto vago
Per i collaboratori del pm del pallone Palazzi, infatti, potrebbe non esserci stata quell’interlocuzione ultrà-tesserati dai toni così aspri da configurare l’intimidazione o l’offesa alla stessa dignità di atleti e, di conseguenza, per Tosel l’unica via sarebbe quella dell’archiviazione. Sullo sfondo rimane la sensazione di una norma dall’inapplicabilità quasi scontata: se un gruppo ultrà entra in un campo di allenamento, magari, lo ha fatto perché è meglio evitare più grandi e pericolosi problemi di ordine pubblico (caso Pegli) e se, sempre un gruppo di ultrà, si presenta nel garage di uno stadio (caso San Siro) è perché la figura di raccordo fra club e tifoserie ha deciso così.
Il quadro che ne esce è quello del gioco dell’oca: si va avanti, verso la squalifica prevista solo se sono le maglie ad essere consegnate nelle mani dei folli. Perché non cancellare quell’abitudine tutta italiana facendo scattare la pena, ora prevista, sempre e comunque quando un giocatore offre la scena a chi lo contesta?