La Stampa, 15 marzo 2016
I gemelli che dipingono allo specchio, uno con la destra e l’altro con la sinistra
«Il nostro disegno desidera la verità, vuole prendere corpo. Sembra che l’opera sia stata disegnata da una sola persona o, addirittura, da nessuna persona». E invece è disegnata da due: gli artisti gemelli Carlo e Fabio Ingrassia hanno trent’anni, sono nati a Catania e da un decennio espongono le loro opere, dalla Biennale di Venezia al Macro di Roma. A renderle particolari (pastelli, pulviscoli di pigmento e polvere su carta) è la capacità dei due di dipingere simultaneamente sullo stesso quadro, resa possibile dal fatto che uno è mancino, l’altro destrimano.
Gli inizi
Carlo e Fabio iniziano a disegnare da giovanissimi, mostrando fin da subito una predisposizione al lavoro in coppia. «Da bambini – continuano – avevamo sviluppato un nostro linguaggio in codice, che viene definito “criptofasia”, ma che tendeva a farci isolare dagli altri. Allora fu deciso di farci frequentare classi diverse. Ciononostante gli insegnanti spesso ci prelevavano dalle aule chiedendoci di disegnare vignette per il giornalino della scuola». Definita quella che sarebbe diventata la loro strada, i due fratelli si sono diplomati all’Istituto d’Arte di Catania e laureati all’Accademia della stessa città.
Incontro scontro
Osservarli all’opera è stupefacente e si ha l’impressione di vedere lo stesso individuo lavorare allo specchio. Eppure questa magia non nasce solo dall’armonia, ma anche dallo scontro. Mentre li ascoltiamo parlare l’uno completa i discorsi dell’altro e, anche quando tra i due emerge un contrasto, a conseguirne è sempre un «noi».
«In passato – spiega Carlo – ognuno concepiva il proprio tratto in maniera diversa, ma a entrambi mancavano dei costrutti utili perché l’immagine si attivasse. Mio fratello ha una struttura di superficie più vellutata, la mia è invece più solarizzata. Io definisco il segno, lui raccorda». Da qui l’idea di cercare l’uno nell’altro un completamento, pur partendo da ricerche individuali. «Il critico Achille Bonito Oliva – spiegano ancora – una volta ci chiese: la mano sinistra sa cosa sta facendo la destra? In realtà il nostro rapporto di fiducia reciproca non è mai totale, ma questo fa parte del nostro equilibrio. È in questo contatto con l’altro che ognuno di noi ritrova se stesso. Maggiori divergenze ci saranno nel pensiero, maggiori saranno gli equilibri da stabilire con la materia».
Il tratto–non tratto dei gemelli Ingrassia è il frutto di un meticoloso e paziente lavoro sui colori, che ha nella «grammatica dei grigi» il suo compimento. «A nostro avviso – spiegano ancora – un colore è puro solo se opaco. Partendo da questo presupposto ritroviamo nelle scale dei grigi tutti quei colori utili affinché un’immagine sia completa».
I maestri
«Naturalmente – continuano – ci sono delle cose che bisogna conoscere e studiare. Guardiamo con attenzione maestri come Duchamp, De Chirico, Morandi, Cezanne, Bacon, Giulio Paolini, Luciano Fabro, Buren, e contemporanei come Gianni Caravaggio, Diego Perrone, Francesco Gennari». L’incontro con questi artisti e la frequentazione di mostre comportano per gli Ingrassia una vita perennemente in viaggio. Per questo motivo, recentemente, il loro tavolo di lavoro – con le sue due grandi lenti simmetriche – è divenuto itinerante. «La creazione delle nostre opere è lunga mesi e non possiamo permetterci di stare fermi. Tuttavia, fuori ci sono moltissime cose da vedere e il momento in cui elaboriamo di più è quello in cui ci rifugiamo all’interno di questa casa».
Al Macro di Roma è stata da poco disallestita una mostra antologica che ha celebrato i loro primi dieci anni di attività. «In questo tempo – raccontano ancora – lo spazio sul nostro lavoro si è dilatato. Se prima c’era un’immagine percepibile, oggi è come se al suo interno si fosse fatta largo una struttura geometrica. C’erano dei riferimenti che pian piano si sono persi perché, in fondo, noi non disegniamo ciò che vediamo ma ciò che pensiamo». Il prossimo appuntamento con i lavori del singolare duo è al Museo Civico di Castelbuono (Palermo) dove a maggio sarà presentata una selezione delle opere dalla retrospettiva romana.