Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 15 Martedì calendario

Fare l’Erasmus a Teheran

«Ho scoperto un popolo caldo e accogliente, in un Paese vivo, in movimento: sono stata felicemente colpita da quanto tutti fossero interessati a me. Quando scoprivano che ero italiana rimanevano affascinati, anche perché ero una delle prime persone occidentali che incontravano: conoscono comunque il nostro Paese molto meglio di quanto noi conosciamo il loro».
Occhi svegli e vivaci, lunghi e ribelli capelli castani faticosamente coperti da un colorato hijab, parole soppesate per non far travisare nessuna delle sfumature che l’hanno accompagnata in questi sei mesi: Valentina Simeone, 21 anni, studentessa di lingue dell’Università di Cagliari è la prima universitaria europea ad aver svolto l’Erasmus in Iran.
Pioniera
Un’avventura pionieristica, non senza difficoltà, che la giovane sarda ha vissuto con entusiasmo e ostinazione, come ci racconta dalla sua camera nel dormitorio femminile di Teheran. «L’inizio, ammetto, è stato traumatico: conoscevo pochissime parole di persiano e non era facile incontrare persone in grado di parlare inglese. Era il primo scambio universitario, quindi nessuno sapeva come comportarsi con me: per fortuna la madre di una mia vecchia professoressa abitava in città e mi ha aiutato a orientarmi, a trovare un posto letto e a sistemare le varie burocrazie. Anche se pensavo proprio di non farcela a integrarmi: temevo che il mio abbigliamento e il comportamento potessero tenere lontani gli altri studenti. Invece, superato il primo impatto, è andato tutto bene».
L’inserimento
Il velo in testa, il manto almeno fino alle ginocchia, i gomiti mai esposti: giorno dopo giorno Valentina prende confidenza con la nuova quotidianità. «Ogni tanto per strada qualcuno, soprattutto donne, mi rimproverava se avevo i capelli non totalmente nascosti o se la maglietta era troppo corta. Ma quando capivano che ero straniera quasi si scusavano. Poi spiegavano qual era l’abbigliamento più consono, in modo rispettoso. In altri ambiti sono stata più scanzonata: le ragazze, ad esempio, non rivolgono quasi mai la parola ai ragazzi. Io con i miei compagni di classe ho sempre chiacchierato senza problemi». Le ore di lezione e lo studio incessante per preparare gli esami. Né alcol né discoteca, ma tanti locali in cui bere tè o caffè e passare il tempo con giochi in scatola. Internet, ma non Facebook perché è bloccato. Scorpacciate di riso, pollo e kebab, con il saltuario tentativo di far assaggiare la pasta italiana alle coinquiline.
Il giorno per giorno di Valentina è stato in stile Erasmus, in un continuo confronto tra usanze, consuetudini, ambizioni, reciproche confidenze e la testa protesa al futuro. «Ho avuto la fortuna di essere qui proprio quando è finito l’embargo. Il primo effetto è stato l’aumento repentino dei turisti. Per i giovani è stata un’iniezione di energia: hanno voglia di occidente, di partecipare, di conoscere, di essere protagonisti dello sviluppo dell’Iran». Oltre ad aver perfezionato la lingua, in questi sei mesi la cagliaritana si è chiarita le idee sulla sua tesi di laurea, sui rapporti tra Italia e Iran. Per poi avviarsi verso una carriera diplomatica. «Ho vissuto un’opportunità che mi ha dato l’occasione di riflettere su tanti aspetti. Come la fede, certa e incrollabile, di tutti questi giovani: non un fardello, ma un dono, che testimoniano con naturalezza in ogni loro gesto. Essere immersa in questa dimensione mi ha portato a rivalutare la religiosità e a capire più in profondità le mie origini e la mia identità».