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 2016  marzo 15 Martedì calendario

Trump in Florida corteggia gli ispanici: «Ne ho assunti a migliaia»

Miami «Adoro quel cartello Hispanics for Trump. Dice la verità: gli ispanici mi amano. Ne ho assunti a decine di migliaia». Donald Trump ripete la battuta nel comizio a Boca Raton, poi di nuovo a Tampa. La folla dei suoi fan grida di gioia, si diverte all’idea che i camerieri di Trump votano per lui. Decine di migliaia non ne ha assunti, qualche centinaio sì (è la regola con Trump: bisogna togliere due zeri). Qui in Florida il tycoon ha tre resort con hotel e ristoranti, piscine e spiagge private, campi da golf: vicino a Miami il Trump National Doral e il Trump International Beach. Il gioiello della sua corona è un po’ più a Nord verso Palm Beach: il Mar-a-Lago. I dépliant in carta patinata e il sito Internet lo esaltano come «il più lussuoso club privato del mondo», «la più grande reggia mai costruita», i superlativi si sprecano: «Leggendario, opulento, maestoso». Il luogo è un riassunto di Trump: finta Versailles con un tocco da maharaja indiano, un tentativo pacchiano di imitare la Xanadu e lo Hearst Castle, cioè il suo modello, il Citizen Kane di Orson Welles. Volgarissimo e stucchevole traboccare di ori e velluti, marmi e palmizi, Mar-a-Lago ha fatto notizia anche per un’altra ragione. Un’inchiesta della tv Msnbc fu la prima a riportare lo scandalo già un mese fa: per lavorare in questo resort come camerieri o giardinieri, fecero domanda 300 cittadini americani. Trump preferì assumere 283 stranieri. Per lo più ispanici, appunto, pur di non prendere degli americani e pagarli a salario pieno. Nulla di strano, tanti imprenditori fanno come lui per risparmiare sulla manodopera. Ma gli altri non si candidano alla presidenza degli Stati Uniti promettendo un Muro al confine col Messico e la deportazione di 12 milioni di immigrati.
Eppure quel cartello ha ragione: Hispanics for Trump. Ce ne sono tanti che voteranno per lui, oggi, alla primaria della Florida. Un sondaggio del Miami Herald rivela che il 40% dei latinos locali considera il tycoon newyorchese «il più adatto a gestire l’economia» fra tutti i candidati. È vero, gli ispanici della Florida non sono rappresentativi del resto degli Stati Usa. Qui le due comunità prevalenti sono cubani-americani e portoricani. Tradizionalmente più a destra rispetto a quelli venuti dal Messico e dal Centroamerica. «È comunque clamoroso – osserva il Miami Herald – che tanti cubani votino per Trump, quando avrebbero per la prima volta ben due candidati di origine cubana, Marco Rubio e Ted Cruz». Si ripete anche qui il miracolo Trump, che è anzitutto uno tsunami di affluenza record alle urne. Prima ancora di questo decisivo Supermartedì, il fenomeno Trump ha portato 4 milioni di elettori in più alle primarie repubblicane (rispetto al 2012). Nella sola Florida al voto anticipato hanno già preso parte 1,1 milioni di repubblicani contro gli 820.000 democratici. «Siate furbi – ripete Trump ai vertici del partito repubblicano – vi conviene allinearvi con me, sto allargando i confini del partito, sono un grande unificatore».
Unificatore lui? Il termine stride con le immagini delle violenze sempre più frequenti in occasione dei suoi comizi. Il copione è sempre lo stesso, qualche gruppetto di contestatori lo disturba, Trump fa la voce grossa, minaccia violenze, e i suoi fan si scatenano (spesso spalleggiati dalla polizia). Non è solo la sinistra a denunciare questa spirale di provocazioni. Il suo rivale Rubio è allarmato: «Abbiamo un candidato alla presidenza degli Stati Uniti che incita a fare a pugni. È disastroso». Povero Rubio, anzi Little Marco come lo definisce con disprezzo Trump. Gli ultimi sondaggi sono crudeli col giovane senatore della Florida. Questo Stato-chiave con 99 delegati repubblicani che andranno tutti al vincitore, dove spesso si giocano le sorti delle presidenziali, doveva lanciare Rubio come “l’Obama repubblicano” (per la giovane età e per la storia da American Dream della sua infanzia povera). Invece sarà la sua pietra tombale, se hanno ragione i sondaggi: Trump gli infliggerebbe in casa sua 20 punti di distacco.
A Boca Raton il tycoon può concludere il comizio indisturbato. I contestatori ci sono, ma tranquilli. È un gruppo di giovani raccolti sotto un cartellone Facts Stump Trump: «I fatti fermano Trump». Hanno anche loro uno scandalo da denunciare. Qui vicino, a Fort Lauderdale, il tycoon ha attirato tanti piccoli risparmiatori in una truffa, il progetto di un altro “magnifico resort con vista mare”. Fallito prima ancora che si aprisse il cantiere. I piccoli soci lottano in tribunale per recuperare i depositi. Una delle tante truffe che gli vengono rinfacciate. Finora non è vero: i fatti non fermano Trump.