la Repubblica, 15 marzo 2016
La dolente ingenuità di Patrizia Bedori
Merita comprensione Patrizia Bedori, la candidata dei Cinquestelle a Milano (vinse le primariette con la bellezza di 74 clic). Si è tirata indietro dicendo di non reggere la pressione mediatica, e come non capirla. Viene da citare Nanni Moretti: «Un uomo il cui nome finisce su un settimanale ha la vita scempiata per sempre». Specie una persona normale – e i Cinquestelle lo sono per vocazione – non può non provare sgomento vedendo la sua immagine moltiplicata a dismisura, inevitabilmente deformata. Ma questa (anche questa) è la politica nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. E chi accetta, come si dice non per caso, di metterci la faccia, deve sapere che la sua faccia, da quel momento, non gli appartiene più. È una faccia politica. Appartiene alla polis. La dolente ingenuità di Bedori incarna la dote migliore dei Cinquestelle: la rivendicazione orgogliosa della normalità come pre-condizione per essere utili agli altri. C’è però un’obiezione inevitabile: Bedori rilegga, come esercizio penitenziale, l’ultimo paio d’anni del blog di Grillo. A proposito del quale dire “pressione mediatica” è il classico eufemismo. Fioccano i vaffanculo. È uno sfregio sistematico di nomi e volti di persone che – esattamente come Bedori – preferirebbero non diventare i pupazzi di un tiro a segno.