ItaliaOggi, 12 marzo 2016
Se solo la Bce desse i soldi alla famiglie anziché alle banche
Sul sito scenarieconomici.it c’è una tabellina che, con pochi numeri, cerca di spiegare perché anche l’ultimo bazooka di Mario Draghi rischia di non avere alcun effetto sull’economia reale. In sintesi: 80 miliardi al mese per 12 mesi significa che la Bce fornirà alle banche della zona euro 960 miliardi l’anno per acquistare titoli di Stato e obbligazioni societarie non speculative. In pratica, un regalo gigantesco agli istituti di credito, visto che il prestito è a tasso zero. Se invece che alle banche i 960 miliardi fossero distribuiti ai 336 milioni di cittadini dell’eurozona, il regalo sarebbe di 2.857 euro pro capite, neonati compresi. Ciò significa che una famiglia di quattro persone (genitori e due figli) potrebbe ricevere un bonifico annuo di 11.428 euro, da spendere a piacimento.
In quest’ultimo caso, si avrebbe la realizzazione della «helicopter money» (soldi dall’elicottero), teoria che, secondo i 19 economisti che hanno firmato una lettera a suo sostegno sul Financial Times, avrebbe una ricaduta sui consumi, quindi sull’economia reale, maggiore del quantitative easing di Draghi. Dello stesso parere è anche l’economista Angelo Mario Rinaldi, che su scenarieconomici.it propone alla Bce di trasferire i 2.857 euro pro capite direttamente sulle tessere sanitarie di ogni cittadino, ormai dotate di un chip che consentirebbe di usarle come una carta di credito per acquisti anche nei supermercati. La convinzione di Rinaldi e degli economisti fautori della «helicopter money» è che solo una forte spinta ai consumi può innescare una vera ripresa dell’economia e dell’inflazione, poiché a fronte di maggiori consumi le imprese dovrebbero produrre di più, investire più e creare più posti di lavoro.
Al punto in cui si trova ora l’economia europea, e dopo il sostanziale fallimento del primo anno di quantitative easing (vedi Italia Oggi del 9 marzo), liquidare la «helicopter money» con sorrisetti di scherno o con un’alzata di spalle non sembra più tanto facile. In fondo, se guardiamo i conti, finora è stata la stessa Bce di Draghi a mettere in campo una versione parziale di «helicopter money», di cui hanno beneficiato soltanto le banche, con risultati molto deludenti. Che cosa può garantire che da qui al 2017 le banche, pur ricevendo gratis più soldi ogni mese dalla Bce (80 miliardi invece di 60), aumentino i prestiti alle famiglie e alle imprese? Anche se Draghi è arrivato al punto di assicurare un premio alle banche che presteranno soldi (tali sono i quattro prestiti Tltro a quattro anni, a un tasso negativo dello 0,4%), a chi mai possono prestare i soldi i banchieri, se il cavallo non beve e i consumi non ripartono?
È sempre più evidente che alcune regole demenziali, poste a base dell’euro e della sua gestione, prima fra tutte quella che consente alla Bce di prestare soldi soltanto alle banche e non agli Stati, si stanno ritorcendo contro le stesse banche, e di riflesso contro l’intera costruzione europea. Finora, grazie ai miliardi facili della Bce, le banche compravano titoli di Stato e, con le relative cedole, facevano circa un quarto degli utili, aggiustando così i bilanci, massacrati prima dalla crisi finanziaria del 2008 (derivati), e poi dalla crisi economica. Ma questa rendita sui titoli di Stato si è via via ridotta con la politica dei tassi zero (o negativi) imposta dalla Bce. Sul Corsera di giovedì, Federico Fubini ha rivelato che i ricavi netti da cedole sui titoli di Stato delle banche italiane sono scesi da 14 miliardi nel 2012 a 0,5 miliardi nel 2016. Da qui la difficoltà crescente di molte banche nel far quadrare i bilanci, soprattutto di quelle minori; da qui l’inizio di una ristrutturazione del sistema bancario, che porterà a fusioni e a chiusure di sportelli in Italia (Matteo Renzi dixit), e probabilmente anche nel resto d’Europa.
Non è un caso, infatti, se Isabel Schnabel, consigliera di Angela Merkel, ha espresso dubbi sull’ultima manovra di Draghi circa la possibilità che aiuti l’inflazione, mentre ritiene sicuro che «metterà sotto pressione gli utili delle banche». Un chiaro riferimento alle Sparkassen regionali tedesche, che, dovendo sommare i tassi zero o negativi alla loro inefficienza, non riescono più a fare quadrare i bilanci. Dello stesso parere è Stefano Micossi, direttore di Assonime, ex di Bankitalia, Fmi e Confindustria: «I tassi a zero ammazzano il business di banche e assicurazioni, perché generano un saldo negativo tra il costo della raccolta e quello degli impieghi». Il che spiega bene come mai i mercati, dopo l’iniziale euforia, si sono mostrati delusi dagli annunci di Draghi.
La ripresa dell’economia nell’eurozona, a questo punto, appare sempre più una scommessa piena di incognite. Con le regole attuali, che in parte sono demenziali (è bene ripeterlo), Draghi ha fatto il possibile. Se anche fosse favorevole a mettere i soldi direttamente in tasca ai cittadini, non lo potrebbe fare. Con l’acquisto di obbligazioni societaria potrebbe avere aperto uno spiraglio agli eurobond, ma per ora è solo un auspicio. Di fatto, con le sue decisioni, negli ultimi anni Draghi ha tenuto insieme l’Europa, supplendo da tecnocrate illuminato alla latitanza dei politici. Ma cambiare le regole più stupide dell’Unione europea e della Bce non spetta a lui, tocca ai leader politici dell’Eurozona, che però sono divisi su tutto, dall’austerità ai migranti, fino alla guerra al terrorismo. Uno scenario che ricorda l’orchestra sulla tolda del Titanic.