ItaliaOggi, 12 marzo 2016
Le quindici assoluzioni di Ettore Incalza
Assoluzioni e proscioglimenti erano arrivati a quota quattordici. Adesso sono quindici. Ettore Incalza, con alle spalle decenni di alta responsabilità nell’alta velocità e nelle infrastrutture, ha superato indenne l’ennesima accusa. Peccato che ad accorgersene siano stati pochi, fra i quali in primo piano sono i lettori del Foglio, che doverosamente ha fatto dell’ex altissimo dirigente pubblico un simbolo di persecuzione mediatico-giudiziaria.
Di fronte a chi viene quindici volte inquisito e quindici volte esce indenne, bisognerebbe almeno riconoscere che, forse, insomma, però, qualche volta, le campagne di stampa aduse seguire le accuse dei p.m. sono sbagliate.
Invece, contro Incalza, quindici volte uscito a testa dai procedimenti giudiziari, si sono sempre moltiplicati sberleffi, irrisioni e soprattutto condanne preventive.
Qualche esempio, ricavato dal quotidiano più amato nelle patrie procure, il Fatto Quotidiano. «La cricca sinistra-destra viaggia sull’alta velocità» (titolo di apertura in prima, 18 genn. 2013: «Ercole Incalza, vicino all’ex ministro berlusconiano Lunardi» è citato nel sommario con «coop rosse, camorra»). Nella cronaca, Incalza è definito «il rieccolo delle indagini sull’alta velocità»: palese l’auspicio che questa sia la volta buona e si arrivi alla bramata condanna. Doglianze il 21 febbr. 2014 (perché «Lupi blinda Incalza indagato a Firenze»), reiterate il 7 giugno («Incalza, l’uomo degli appalti che resiste a Renzi»). Si leggono altre lamentele il 18 giugno, perché Incalza, «indagato» (non già condannato definitivamente, non già condannato in primo grado, neppure rinviato a giudizio: no, solo «indagato»), conserva un incarico pubblico. L’ultimo giorno del 2014 il Fatto saluta «Ercolino sempre in piedi», rilevando con dolore come egli sia «il recordman», con «14 inchieste finite in nulla». Ovviamente nessuna pietà per chi abbia subìto tanti guai giudiziari senza avere alcuna accertata responsabilità.
Fra il 17 e il 24 marzo 2015 è un trionfo di pezzi incentrati o dedicati o citanti Incalza. Citiamo qualche titolo, a caso: «Il sistema degli amici di Lupi: o Incalza o cade il governo», «Incalza, la casa per la figlia e la lettera all’ex Cav», «Incalza, specialista del boom dei costi», «Ercole, mr consulenza (sia pubblica che privata)». Tanto per togliersi il gusto degli assalti mediatici, ecco il pezzo intitolato «Miracolo grandi opere: arruolato il delfino di Incalza», pubblicato il 21 agosto successivo.
A infilare tutte le citazioni che si sono succedute ai danni di Incalza si ricava una sola conclusione: è la gogna. Mai un ripensamento, mai un dubbio. Se una procura ha aperto un’inchiesta, l’indagato è colpevole. Se per quattordici volte è andata male, non importa: prima o poi ci sarà una quindicesima che vada bene (per l’accusa, s’intende). Del dramma professionale, personale, umano, di chi venga a raffica prosciolto, nessun cenno. Ovviamente, nessuna scusa quando un procedimento giudiziario si chiuda di nuovo favorevolmente. Così, anche ieri vanamente si sarebbe cercata sul Fatto la notizia del nuovo proscioglimento che per la quindicesima volta ha toccato (i giustizialisti direbbero graziato) il dirigente. Meno che mai si sarebbe trovata un’autocritica, un ripensamento, un accenno di giustificazioni per aver partecipato al linciaggio giornalistico. L’attesa è per il sedicesimo procedimento: vuoi vedere che sarà la volta buona?