La Stampa, 12 marzo 2016
Telecom(unicazioni), così i francesi vogliono conquistare l’Italia
Nel «derby» europeo tra Italia e Francia a colpi di acquisti di azioni in Borsa e poltrone che contano, Parigi segna altri due punti pesanti e amplia il suo vantaggio. Vivendi, gruppo multimediale transalpino, è salita al 24,9% di Telecom Italia, rafforzandosi come primo azionista. Nel mentre i consiglieri del comitato nomine delle assicurazioni Generali hanno indicato un manager francese con un passato in Axa, Philippe Donnet, per guidare il Leone di Trieste dopo l’addio di Mario Greco, finito alla svizzera Zurich. Per parte italiana l’unica risposta recente viene dalla Lavazza con la conquista di Carte Noire, numero uno del caffè transalpino. Per il resto i francesi dilagano, dalla moda alle tlc, passando per il latte e la tv. A un passo dall’Opa
Il gruppo multimediale Vivendi di cui il finanziere bretone Vincent Bolloré è presidente e primo azionista (col 14,5%) sta dominando la scena. Un anno fa, a giugno, era entrata col 14% in Telecom Italia. Da lì non si è più fermata fino a ieri, quando ha raggiunto il 24,9%, soglia oltre cui scatterebbe l’obbligo d’Opa. Si rafforza la presa dei francesi che in cda hanno quattro rappresentanti. Nel frattempo vacilla la poltrona dell’ad Marco Patuano che, a torto o ragione, è considerato vicino a un altro imprenditore transalpino, Xavier Niel, che con opzioni ha un potenziale 10% di Telecom. Alla finestra resta un colosso di Parigi: Orange. Stephane Richard, ad dell’ex France Telecom, giorni fa ha detto che potrebbe prendere in considerazione una fusione con Telecom, se Bolloré la proponesse. «Fantasie senza riscontro», le liquida il presidente di Telecom, Giuseppe Recchi.
I colloqui col Biscione
In questo momento, però, il dossier più «caldo» sulla scrivania di Vivendi è quello che riguarda Mediaset. Dai primi ragionamenti sulla sola tv a pagamento Premium, Pier Silvio Berlusconi e Bolloré, in occasione di alcuni incontri, sono passati a ragionare su un’alleanza più generale tra i due gruppi – con un possibile scambio azionario – con un focus sui contenuti. L’idea è creare una piattaforma europea e sottrarre così il Vecchio Continente allo strapotere americano delle Netflix e delle Google.
Un parigino a Trieste
E c’è profumo di «baguette» anche nella svolta delle Generali, il più grande «forziere» italiano, visto che in pancia si ritrova attività in gestione per oltre 490 miliardi di euro. Il comitato nomine del consiglio del Leone ha indicato nel francese Philippe Donnet il prossimo ad che dal 2013 guida Generali Italia. Ma prima, tra il 1985 e il 2007, e dunque per oltre due decenni, è stato tra le prime linee di Axa (azienda che ciclicamente guarda a Trieste per espandersi) e considerato vicino al suo fondatore, Claude Bébéar, con cui negli ultimi anni ha ritrovato nel consiglio di sorveglianza di Vivendi dove ovviamente c’è l’onnipresente Bollorè. Il quale è stato vicepresidente di Trieste ed è tuttora, dopo Unicredit, l’azionista più pesante di Mediobanca che delle Generali ha il 13,4%, ed è quindi socio di riferimento.
Le liti dentro Parmalat
Come si vede, i francesi esondano. Ma talvolta trovano resistenze. Nel 2011 la Lactalis della famiglia Besnier ha acquistato l’85% di Parmalat. Ma da allora nel cda è lite continua, con il socio di riferimento accusato di voler tacitare le minoranze, sebbene il gruppo resti quotato. La tensione è salita alle stelle dopo che Parmalat ha acquistato l’americana Lag dalla stessa Lactalis, storia su cui la magistratura indaga e su cui il fondo Amber ha presentato una nuova denuncia al collegio sindacale. Lo scontro è frontale e i consiglieri indicati da Lactalis – incluso l’ad – si sono dimessi, facendo decadere il cda. Fin qui i francesi. La riscossa italiana? Per ora si concentra in una tazzina di caffè. Quella di Carte Noire che Lavazza ha acquistato per 700 milioni di euro. Un caso più unico che raro di shopping italiano in terra francese.