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 2016  marzo 12 Sabato calendario

Nicola Cosentino aspetta una sentenza da 850 giorni. Intanto è in carcere

Nicola Cosentino è in detenzione preventiva da circa 850 giorni per concorso esterno in associazione mafiosa, reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa, estorsione, abuso d’ufficio, corruzione. Di questi 850 giorni, poco più di cento li ha trascorsi ai domiciliari e il rimanente in carcere. Cosentino è un detenuto in attesa di giudizio, condizione sotto la quale rientrano tutti i detenuti per i quali non sia stata pronunciata una sentenza definitiva: in Italia sono sui 20 mila, per statistica metà di loro risulterà innocente. Per Cosentino non è stata pronunciata nemmeno una sentenza provvisoria, né di secondo né di primo grado. Non significa che sarà innocente in eterno e in questo si confida. Infatti Cosentino è diventato sinonimo di «tutto il male del mondo», ha detto il suo avvocato Stefano Montone, e «cosentiniano» è un insulto senza rimedio: il politico chiamato «cosentiniano» perché amico o conterraneo di Cosentino, o compagno di militanza, ricava la sua piccola diffamazione preventiva giustificata dall’idea diffusa, a Roma, a Napoli, a Casal di Principe, che Cosentino è un uomo della camorra; le eventuali conferme del tribunale parrebbero una semplice certificazione burocratica.  
Nicola Cosentino è nato a Casal di Principe, il paese di Gomorra, il 2 gennaio del 1959. Ha cinquantasette anni. È chiamato Nick ’o Mericano o Nick ’o Texano perché è un imprenditore nei carburanti. Ha una moglie e due figli. È imparentato con i boss perché fratelli e cugini ne hanno sposato le figlie. Ha cominciato in politica con il Psdi e nella Seconda repubblica è passato con Forza Italia, e da lì sono cominciati i guai con la giustizia. Le prime tracce di indagini sl suo conto risalgono alla fine degli anni Novanta ma è iscritto nel registro degli indagati nel 2008. È l’inchiesta detta Eco4 sul riciclaggio di rifiuti tossici nella quale Cosentino è sotto processo per concorso esterno e per cui nel 2009 la procura di Napoli ha chiesto alla Camera l’autorizzazione all’arresto, poi respinta. Inizialmente Cosentino doveva andare in galera perché era sottosegretario all’Economia, parlamentare e coordinatore regionale di Forza Italia, e cioè detentore di un potere tale da consentirgli di manovrare persone, delinquere di nuovo, nascondere prove. Allora Cosentino si è dimesso da sottosegretario ma non bastava; si è dimesso da coordinatore regionale ma non bastava; e quando nel 2013 è finita la legislatura, e Silvio Berlusconi non lo ha ricandidato in nome delle liste pulite, non era nemmeno deputato ma continuava a non bastare perché il potere di Cosentino non discendeva più dalla cariche bensì da ciò che lui era, da ciò che era stato, dall’essere se stesso. Cosentino è stato il primo colpevole di essere cosentiniano. Che aggiungerebbe una sentenza?
Quando nell’aprile del 2013 si è costituito a Secondigliano, Cosentino aveva già sulle spalle una seconda inchiesta, e ne sono seguite una terza e una quarta. L’ultima si incrocia con la prima e cerchiamo di spiegare come. Quando, per una serie di riforme legislative e un intervento della Corte costituzionale, Cosentino aveva l’opportunità della scarcerazione nonostante l’ipotesi di concorso esterno, gli è stata notificata un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare per corruzione: è accusato di aver corrotto, per mezzo della moglie, un agente penitenziario che gli ha fatto avere in prigione generi alimentari, mozzarelle, salami, casatielli e così i giornali scrissero di «prigione dorata». I giornali scrissero anche che, oltre al bendiddio, Cosentino aveva ricevuto un iPad. Un disgraziato refuso: era un iPod. C’è differenza perché con l’iPad si va su internet, si riceve posta, si comunica col mondo fuori, mentre con l’iPod si ascolta musica e basta. La moglie è stata condannata con rito abbreviato e lui non ha potuto vederla per dieci mesi, negata anche la visita di Natale.
Torniamo alla vicenda principale, Eco4. Le indagini sono cominciate nel 2008 e il processo nel 2011, cinque anni fa. Nel corso di oltre centoventi udienze, si è riusciti a sentire giusto i testimoni dell’accusa. Ora si comincerà con quelli della difesa. Insomma, siamo più o meno a metà. E siamo solo al primo grado. Delle altre tre inchieste, soltanto una è arrivata in aula di tribunale ed è alle fasi iniziali. Resta da dire che Cosentino è imputato anche in due processi per diffamazione. In uno dei due la parte lesa è Michele Froncillo, ex capozona del clan Belforte, che si è sentito diffamato quando Cosentino ha definito «camorristi schifosi» la dozzina i pentiti che lo accusano e Froncillo, che è uno di loro, ha sporto querela perché Cosentino «dovrebbe definire camorristi schifosi quelli con cui va sotto braccio». E resta da dire che pochi giorni fa, sempre su Eco4, dopo una trentina fra istanze di scarcerazione e impugnazioni, all’imputato è stata riconosciuta la fine delle esigenze cautelari: può andare a casa. Anzi no, resta dentro per gli altri tre procedimenti. Si ricomincia da 850 giorni, e nessuna condanna.