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 2016  marzo 12 Sabato calendario

Nel nuovo Dylan Dog l’umanità si è estinta, non esiste sesso, né ci sono emozioni

«La latitudine e la longitudine erano sempre le stesse. L’anemometro misurava 90, il termometro -2 e l’igrometro 0. Praticamente una pessima giornata, fredda ventosa, quasi senza qualità. E l’uomo? L’uomo di qualità non ne aveva proprio. L’uomo non esisteva più». Inizia con un rimando esplicito all’“L’uomo senza qualità” di Musil, “Ut”, una nuova miniserie della casa editrice Bonelli che si preannuncia rivoluzionaria. A realizzarla è Paola Barbato, nata a Milano, 45 anni, tre figlie e una passione per il thriller. Per Bonelli ha scritto diverse sceneggiature molte delle quali per Dylan Dog mentre nel 2006 ha iniziato a scrivere libri: “Bilico”, seguito nel 2008 da “Mani nude” e nel 2010 da “Il filo rosso”. Ha anche collaborato alla sceneggiatura di una fiction per Sky, Nel nome del male, l’unica serie tv mai apparsa in Italia sulle sette sataniche. Ut nasce dall’incontro con un disegnatore che dell’incubo ha il colore: nero, sporco, sfumato, fatto di ombre evanescenti, Corrado Roi. «Quando mi chiedono qual è la mia tecnica di disegno rispondo che è quella dello sporco: spugnette, tamponi, pennello secco. Atmosfere molto cupe, molto dense, tetre, il nero scavato», racconta dalla sua casa di Laveno, in provincia di Varese, dove è nato e ha scelto di vivere – «odio le grandi città, non ci posso stare, sono degli orrori» – e dove ha fatto anche l’assessore.
Ut è da quarant’anni nella sua vita ma fino ad oggi non era venuto alla luce. «Non sarei mai stato in grado di fare una serie mensile regolare. Però i tempi sono cambiati e quando Sergio Bonelli cominciò ad aprire alle miniserie cominciai a radunare il materiale che avevo accumulato negli anni e che era assolutamente caotico. A quel punto ho pensato che l’unica persona che avrebbe potuto trovare il bandolo di quella matassa di pensieri e di disegni fosse Paola Barbato».
Lei da parte sua ricorda le maledizioni di Roi: «All’inizio ero inesperta e maniacale nelle descrizioni. Credevo che al disegnatore bisognasse spiegare tutto, Roi mi ha fatto capire che invece ognuno doveva avere il suo spazio. Poi col tempo siamo diventati amici, entrambi amiamo lavorare di notte e così ci facevamo lunghe telefonate».
Di Ut già si dice che sarà l’evento del fumetto del 2016 e in effetti ha tutte le caratteristiche di una rivoluzione, soprattutto nel mondo Bonelli tradizionale e per famiglie. «In realtà Bonelli ha sempre saputo innovare», dice Roi, «ma certe cose è ovvio non si toccano: Tex è la tradizione e rimarrà sempre così. Il Dylan Dog di Sclavi è stato innovazione e oggi la casa editrice ha capito che doveva continuare a osare reclutando nuovi talenti, come Paola». Di certo un “eroe” Bonelliano che alla sua prima apparizione fa una strage ammazzando quattro persone e tagliandogli le dita non si era mai visto, anche se il nuovo corso di Dylan Dog è ritornato alle atmosfere spiazzanti degli esordi di Sclavi. Mentre un’altra serie che ha molto fatto parlare di sé, Orfani, ammazza più protagonisti de Il trono di spade e il nuovo Morgan Lost di Claudio Chiaverotti si svolge in un mondo surreale dove i serial killer sono una sorta di rockstar.
Ma Ut non è un thriller, assomiglia a una visione: «Si trattava di creare un nuovo mondo», spiega accendendosi una sigaretta Roi, «in Ut ci sono riferimenti alla letteratura, alla filosofia. Il Borges di Finzioni è un’influenza, così
come Poe». Il nome Ut viene da una congiunzione latina ma è anche l’antico “do” della scala esatonale poi caduto in disuso. Roi, non a caso, è anche musicista. Paola dall’insieme delle visioni dei personaggi di Roi ha costruito una storia: «Avevo centinaia e centinaia di pagine di disegni, appunti, personaggi, ma senza inizio né fine», racconta. «Per dieci anni con Corrado ci siamo parlati e alla fine siamo riusciti a trovare il bandolo della matassa. Di quello che è venuto fuori non riesco a dare una definizione. So solo quello che non è: non è un racconto di genere, non è un romanzo apocalittico, non è un thriller». E all’inizio abbiamo un’unica certezza: l’umanità si è estinta. «Non c’è un perché. O meglio ce n’erano tanti», spiega Roi. «Non c’è neppure niente di istituzionale: non ci sono le forze dell’ordine, né religioni, né chi comanda. Ho tolto anche i cattivi. Persino chi sembra cattivo è un’altra cosa e tutta la storia è piena di inganni».
La miniserie è fatta di sei numeri e anche la struttura è inusualmente complessa. «Ho fatto un ingresso, due commedie dove ho inserito degli elementi che si vedranno dopo. Poi dal quarto al sesto episodio si entrerà nel vivo, anche se ogni episodio sembra autoconclusivo», spiega Roi mentre si sente il suono dell’accendino per l’ennesima sigaretta. Sì ma cosa succede in Ut? «Succede che l’umanità si è estinta ma noi non sappiamo né perché, né da quanto» spiega Paola Barbato. «Esistono nuove specie antropomorfe ma molto limitate, primitive. Le cose sono e basta. Non esiste sesso, non esistono emozioni, infatti non si sa come vengano generate le persone, le gravidanze non ci sono più e Yersina, che è una bambina, è così e basta, non crescerà. Tutto è molto spoglio e intossicato anche in termini naturali, ci sono poche specie animali. Ci sono gli insetti. Uno dei personaggi, Decio (un omaggio al grande direttore della casa editrice Bonelli Decio Canzio, ndr) è un entomologo. Corrado ha raccolto suggestioni da moltissime parti: architettura, musica, storia dell’arte, filosofia, esoterismo. Ci sono moltissimi simboli, soprattutto negli ultimi tre volumi, che si muovono in una dimensione immaginifica e sono di una bellezza straordinaria ma molto disturbanti. Per capire cosa intendo si provi a immaginare una persona che sorride. Ma che al posto dei denti ha gli occhi».
All’inizio leggendo viene in mente il Cormac McCarthy de
La strada e per il disegno Breccia, o Toppi e Battaglia, a cui Roi si sente vicino («per l’uso dei grigi, delle sfumature»). Ma poi le cose si fanno più rarefatte e siamo più dalla parti di Jodorowsky che incontra Lovecraft, Poe e Dada. C’è violenza, spietatezza, fame. Eppure in questa crudezza c’è poesia, c’è qualcosa che colpisce: Ut è come un bambino, crudele ma al tempo stesso innocente. Chi ha visto anche solo una volta questa bambinesca innocenza, sa che è l’essenza stessa dell’essere uomo. «Per questo amo Borges: mi piace che le cose non siano quello che sembrano, mi piace camuffarle, trasformarle», aggiunge Roi. Sì, ma alla fine chi è Ut? Lampo, sfregamento, un’altra sigaretta. «Un pinocchio feroce».