la Repubblica, 12 marzo 2016
«Dopo il Bataclan, voglio difendere il mio paese». Tra i francesi in fila per indossare la divisa
Marie-Adèle sogna di entrare nei corpi speciali, quelli che hanno fatto il blitz contro i terroristi a Saint-Denis, qualche giorno dopo gli attentati del 13 novembre. È allora che ha deciso di provare a lasciare il suo lavoro di commercialista per indossare la divisa. «Ci pensavo da tempo, ma mi mancava il coraggio». Marie-Adèle Lebrun, 29 anni, cappotto nero, lunga treccia bionda, fa parte degli oltre 35mila candidati che partecipano al concorso lanciato dalla polizia di Stato per reclutare nuovi allievi agenti. «Il mio fidanzato non voleva e so che guadagnerò di meno del mio attuale stipendio, ma non m’importa» racconta la ragazza mentre fuma una sigaretta fuori dalla sede dell’esame iniziato giovedì pomeriggio a Rungis, banlieue sud di Parigi. Anche Magali Lefèbvre, 28 anni, giacca di pelle e grandi occhi azzurri, ha deciso di riconvertirsi dopo gli attentati. Lavora come paesaggista in un’amministrazione pubblica. «Voglio sentirmi utile, credo che sia giusto impegnarsi in questo momento». Le chance di riuscire sono minime, appena il 7%, visto che i posti disponibili sono solo 2800. «È qualcosa di eccezionale, non avevamo mai avuto così tante richieste» ammette il commissario Bruno Grangé che si occupa della campagna di reclutamento al ministero dell’Interno. Rispetto al bando dell’anno scorso c’è stato un aumento dei partecipanti pari al 42%. Subito dopo gli attentati, i numeri verdi per nuove leve nella polizia e nell’esercito hanno triplicato le chiamate. Merito anche dell’abile comunicazione delle istituzioni che hanno potenziato l’attività sui social network. Uun video ufficiale delle forze dell’ordine in azione negli attentati del 2015 è stato visto 3 milioni di volte. «Molte lettere che abbiamo ricevuto citano gli attacchi e la necessità di difendere i valori repubblicani» osserva Grangé. L’età media degli aspiranti poliziotti è di 22 anni e per la prima volta un terzo delle candidature è femminile. «L’effetto emotivo forse passerà – continua il commissario – resterà invece la consapevolezza che il nostro lavoro è sempre più necessario». I requisiti sono minimi – essere diplomati, non avere più di 35 anni – ma si tratta di un lunga selezione. I risultati dell’esame scritto e dei test psicoattitudinali si conosceranno a metà aprile, poi i prescelti dovranno superare la prova fisica e quella orale. Solo a luglio saranno annunciati i nuovi allievi che frequenteranno per un anno la scuola di polizia. «I rischi non mi spaventano» racconta Marc, 23 anni, tecnico in un’impresa di fibra ottica e già bocciato una prima volta al concorso a settembre. «Io ho deciso di presentarmi dopo gli attentati di Charlie Hebdo» ricorda. Allora gli uomini in divisa erano stati applauditi durante la grande manifestazione contro il terrore e si era diffuso l’hashtag #jesuispolicier. Le minacce ai poliziotti, di cui tre sono stati uccisi dai terroristi, non lo spaventano. «Come semplice cittadino sono lo stesso un obiettivo. Così almeno potrò difendermi e dare un contributo alla sicurezza di tutti». Nella cultura popolare francese il “flic”, il poliziotto, non è sempre amato, anzi. Nei film o nei romanzi noir appare spesso corrotto, violento. Guardando i ragazzi in fila, sembra di intravedere una nuova realtà. «Non ci credo» commenta Marie, 31 anni, che ha lavorato nella polizia giudiziaria a contratto e fa il concorso per ottenere un posto fisso. «È vero che dopo gli attentati la gente ci abbracciava, ma è durato poco. Ora siamo di nuovo insultati non appena facciamo un controllo stradale o interveniamo per una perquisizione». La visione un po’ disillusa di Marie è condivisa da Sam, 34 anni, che pure ha avuto contratti come vigile nel quindicesimo arrondissement. «Altro che ideali – sbotta – la maggior parte dei candidati viene qui soprattutto per ragioni economiche». In tempi di crisi, fare il poliziotto è pur sempre un lavoro garantito, con uno stipendio che va dai 1840 ai 2555 euro.