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 2016  marzo 13 Domenica calendario

Eco, i libri antichi e quello dei cocktail

«L’alcolico più facile da trovare nell’America del proibizionismo era il gin. Se raro era il whisky e rarissimo il cognac, il gin saltava fuori da tutte le parti e ciò per la semplice ragione che il gin si può fare in casa, nella vasca da bagno. Certo il risultato di questa produzione familiare non era straordinario, ma in tempi alcolicamente tanto difficili poteva anche passare. Oggi le circostanze sono tali che il sistema del bagno non è più consigliabile. Si trova senza alcun dubbio del gin migliore dal droghiere sotto casa. Per chi, tuttavia, volesse far la prova ecco il metodo. Si comperano dieci o dodici litri di alcol puro e si mettono nella vasca da bagno...». Ex ungue leonem!, come disse Bernoulli attribuendo a Newton un anonimo scritto matematico sulle curve. Qui, da queste unghiate alcoliche, beffarde e compìte al tempo stesso non possiamo non riconoscere lo zampino del professor Umberto Eco, “mandrogno” di, allora, 29 anni, in un libro del 1961 che più raro non si può sparito com’è da tutte le bibliografie esistenti sul compianto professore (dal suo sito ufficiale fino a libri come quello di Michele Cogo, Fenomenologia di Umberto Eco, Baskerville, che ne ripercorre con minuzia l’ascesa nell’olimpo intellettuale italiano fino a divenirne l’indiscusso divo), ma non sfuggito all’occhio acuto e vigilissimo del “solito” collezionista, stavolta un «ex bibliofilo». Siamo dunque nel 1961 e presso Amilcare Pizzi editore esce questo Shaker. Il libro dei cocktail. Un quadrato rosso impaginato e con disegni a due colori (niente male) di Maria Luisa Gioia, fotografie di Tullio Farabola, curate da Silvana Biasutti, ricette dei cocktail raccolte da Angelo Zola (ma suppongo anche qualcuna inventata alla bisogna, o, quanto meno di attribuzione fantasiosa: alcuni baristi menzionati come autori delle ricette suonano piuttosto bislacchi) e, infine, testi di Umberto Eco e Roberto Leydi. Ma pensa te! Dovevano divertirsi parecchio, i due bricconi, a scrivere – a metà strada tra erudizione e “cazzeggio” parecchio snob – questa guida letteratissima al bere bene (titoli dei capitoli: «Gli spiriti eletti», «Un bar è un bar»...). E il libro ha tutta una sua leggerezza e frizzantezza, sia dal punto di vista tecnico – e sì, certo, che si parla anche del ratafià e noi paolocontiani ne siamo ben contenti – che da quello, va da sé, della scrittura. Manco a dirlo, il libro è stato recuperato dal bibliofilo in una scorribanda per bancarelle. Ecco, oggi che si chiude la tre giorni bibliofila organizzata dall’Alai (in via S.Gregorio a Milano) c’è più che mai bisogno di tale lezione. Di un Umberto Eco – e quanto mancherà a questo mondo della bibliofilia, lui che ne era l’interprete più fine, membro eterno dell’Aldus Club (e proprio ieri PhiloBiblon ha tenuto un’asta di Kirchneriana, l’ambito più specifico del collezionismo di Eco) – che scrive testi poi diventati rarissimi, di un cercatore sopraffino che sa cosa scovare, di un mercato del libro antico e raro fatto di amatori e di specialisti, che può regalare storie come questa. Una piccola, esemplare, duratura, piacevolissima, mitologia di carta.