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 2016  marzo 13 Domenica calendario

«Chi vuole mandarmi a casa dovrà sconfiggermi al congresso». Renzi Blinda le primarie

«A nessuno interessano le nostre discussioni interne, la realtà parallela delle nostre polemiche, alla gente interessa sapere dei nostri provvedimenti». Primo messaggio. «Coloro che chiedono oggi più rispetto per la storia dell’Ulivo sono quelli che hanno distrutto l’Ulivo consegnando l’Italia nelle mani di Berlusconi». Secondo concetto, altra risposta alla sinistra del partito, riunita nelle stesse ore in Umbria, quella stessa costola del Pd che contesta il suo metodo di governo, quella che a suo dire «non sa perdere, che scappa con il pallone, che non lavora per unire il partito». 
E se c’è qualcuno che persino nel Pd mette in discussione il metodo delle primarie, soprattutto dopo il caso di Napoli, con Bassolino che ne chiede l’annullamento, «una vergogna per l’intera città», Renzi risponde che «ho visto i video di Fanpage» e «ci sono state delle irregolarità, è evidente». «La soluzione – spiega – è che si valutino i ricorsi, senza dare per scontato che chi ha perso vinca e viceversa». E comunque, di certo «non sono meglio i clic di Casaleggio, che alla fine decide tutto lui, magari ignorando i pochi clic della rete, una visione da lunapark», e non è meglio «nemmeno quanto decidono ad Arcore, che tanto poi ai gazebo possono dire o sì o anche sì». 
E invece le primarie, «che vogliamo esportare in Europa per scegliere il candidato alla presidenza della Commissione Ue», sono l’unico metodo di selezione di un certo tipo di classe dirigente e in questo «il Pd è in Italia un presidio di democrazia, altrimenti torniamo ai capibastone del passato». 
Nella vita «bisogna saper perdere e la regola vale anche per la politica», aggiunge Renzi, al rientro da Parigi, dove all’Eliseo ha partecipato alla riunione dei capi di governo socialisti della Ue. Davanti ai giovani del Pd il presidente del Consiglio respinge al mittente le accuse di voler personalizzare il partito, contesta la versione di chi mette sotto accusa i suoi metodi, in sostanza replica alla minoranza del Pd, riunita a Perugia, per dire loro che forse non sanno perdere: «Io quando ho perso le primarie sono rimasto a sostenere chi le aveva vinte, e non pensate che è stato facile dopo che ti venivano a dire, qui qualcosa non torna... Chiesi se si poteva avere il verbale di una Regione, non dico quale ma lo immaginate... mi dissero di no, i verbali sono stati bruciati». 
Insomma «esiste un disegno per screditare le primarie come strumento, è accaduto a Genova e per colpa di Sergio Cofferati abbiamo perso la Regione. C’è qualcuno che parla di personalizzazione del partito, non c’è antidoto più grande alla personalizzazione del rispetto delle regole», afferma ancora Renzi. E chi vuole intendere intenda, da D’Alema a Bersani, che oggi lo criticano apertamente, mentre «chi perde resta nel partito e fa una battaglia nel partito, come ha detto bene Gianni Cuperlo». 
E un ulteriore messaggio è ancora più esplicito, e anche questo corre sul filo delle polemiche Roma-Perugia: «Chi cerca di utilizzare strumentalmente il risultato delle amministrative in chiave interna sta sbagliando campo di gioco. Il campo di gioco c’è, chi vuole mandarmi a casa la battaglia la farà al congresso del 2017, è questa la novità del Pd». Ma oltre alle risposte alla minoranza dem c’è anche il botta e risposta con i tanti interventi dei giovani democratici. C’è chi gli contesta, con una battuta, di non essere stato eletto. La verità «è che il governo Letta si era bloccato. Ricordate un provvedimento fatto da quel governo? Purtroppo no, e quindi il Pd ha detto “segretario tocca a te”. Nessun golpe di palazzo, la Costituzione prevede che l’incarico lo dia il capo dello Stato a chi in Parlamento ha i voti». 
E infine, a chi ha paura del partito della Nazione, di un Pd snaturato, che strizza l’occhio alla destra, la risposta è: «Dov’è il punto chiave per capire se Pd si trasforma in qualcos’altro? Nel premio alla lista. Se il premio è alla lista, c’è il Pd, punto; se il premio è alla coalizione, allora c’è la coalizione. Il premio alla lista l’ho proposto io e alcuni di quelli che oggi mi accusano di voler fare la coalizione con il centrodestra sono gli stessi che non hanno votato l’Italicum perché non c’era il premio alla coalizione».