Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 13 Domenica calendario

Sei alpinisti morti sotto a una valanga causata dal caldo

La stagione dello scialpinismo, in Alto Adige, si è aperta con una strage. Sei morti, più una donna ferita e sotto shock: questo il bilancio della valanga staccatasi ieri, in tarda mattinata, poco sotto la vetta del Monte Nevoso, sulle Alpi Pusteresi, in Valle Aurina. Assieme all’austriaco Horst Wallner, 49 anni, sono morti cinque italiani, tutti della zona: una donna, Margit Gasser, 32enne di Campo Tures; e poi gli altoatesini Bernhard Stoll, 43enne di Villabassa, Alexander Patrick Rieder, 42enne di Chienes, Christian Kopfsguter, 21enne di Villabassa e Matthias Gruber di Valle Aurina, appena 16enne. Siamo nell’estremo lembo settentrionale della provincia di Bolzano, a pochi chilometri dalla cresta di confine. La scalata del Monte Nevoso – in tedesco Schneebiger Nock, 3358 metri di altitudine – è una classica dello scialpinismo primaverile – più da maggio che da marzo, si mormora nell’ambiente – che richiede abilità tecniche e doti fisiche non comuni, perché il pendio è molto ripido. Il tempo, ieri mattina, era splendido e il pericolo valanghe era moderato, un grado 2 in una scala che arriva fino a 5. Condizioni che costituiscono in sostanza il «via libera» per un’escursione, specie per scialpinisti di una certa esperienza, che si allarmano di solito con un pericolo valanghe di grado 3 (marcato), raggiunto ieri con il trascorrere delle ore, anche per il soffiare, da nord, di forti venti caldi di Föhn.
La valanga si è staccata attorno alle 11, quando il gruppo di escursionisti – composto complessivamente di quindici scialpinisti, partiti dal rifugio Roma – si apprestava a completare le ultime centinaia di metri della scalata. Erano giunti a quota 3000 metri, dove è posto una sorta di «deposito degli sci»: l’ultimo tratto è molto roccioso, percorribile sci ai piedi solo in presenza di una coltre bianca molto consistente – non certo quella di questo inverno, particolarmente povero di precipitazioni – e gli scialpinisti sono quindi costretti a salire a piedi, recuperando i loro attrezzi successivamente, prima dell’impegnativa discesa.
Un fronte di 300 metri
Dal Monte Nevoso si è staccata una slavina con un fronte di 300 metri, travolgendo la comitiva. Sette scialpinisti – le sei vittime e un’altra austriaca, ferita e trasferita successivamente sotto shock all’ospedale di Brunico – sono rimasti sotto valanga, che si è allungata lungo il pendio per 600 metri; altri otto escursionisti sono riusciti a mettersi in salvo da soli. E sono stati loro a dare l’allarme, mettendo in moto la macchina dei soccorsi.
La zona della tragedia è stata raggiunta dagli elicotteri, a bordo dei quali sono stati caricati gli uomini del soccorso alpino e i cani da valanga. Operazioni rese più difficoltose dalla quota: per salire in sicurezza oltre i 3000 metri, i velivoli devono infatti viaggiare con i serbatoi quasi vuoi e un carico ridotto al minimo. I corpi sotto la neve sono stati comunque individuati in tempi relativamente brevi, perché tutti i componenti della comitiva erano dotati del dispositivo antivalanga Arva. Il prodigarsi dei soccorritori si è comunque rivelato vano per sei degli scialpinisti.