Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 13 Domenica calendario

I sensi di colpa della Dama nera dell’Anas

Intervista alla Dama nera dell’Anas
«Com’è la mia vita oggi? Un misto di rimorsi pervaso da un senso di liberazione». A rispondere a Repubblica, attraverso il suo legale, l’avvocato Giuseppe Di Trocchio, è Antonella Accraglianò, la Dama Nera, oggi non più in carcere ma ai domiciliari.
Che donna è oggi la Dama Nera?
«È stato un percorso molto doloroso, in carcere ho sofferto molto. Poi ho capito che, arrivati a un certo punto, nella vita bisogna saper fare delle scelte e capire quale strada prendere, per cui parlare con gli inquirenti per me è stata una liberazione. Spero che tutto si risolva presto e che ci sia anche la revoca degli arresti domiciliari: io quelle cose non le farò mai più. Mi sono resa conto di avere commesso errori, di averne fatti tanti e sono pronta a prendermi le mie responsabilità, affrontando le conseguenze. Comunque non ero sola a fare tutto questo».
Mi racconta il “sistema Anas”, signora Antonella?
«È stato definito un marciume dai giudici, quello che le posso dire è che, per quanto mi riguarda, sono pochi episodi, solo quelli che ho raccontato agli inquirenti e che già conoscete, avvenuti in un arco temporale di 3-4 anni. Sulle dinamiche credo di non dover aggiungere più di quanto sta nelle carte. Posso dire però che è sbagliato parlare di sistema, perchè un sistema per gestire in modo illecito le pratiche non c’era».
Quando in un’intercettazione lei parla di «fare squadra per andare avanti altrimenti andiamo a fondo» cosa intendeva, quindi?
«Fra di noi non c’erano accordi particolari. In quella mia intercettazione mi riferivo ai cambiamenti che erano in atto all’interno della struttura Anas, erano arrivate voci che saremmo stati sollevati tutti dai nostri incarichi. Era riferito quindi, “il fare squadra”, al non essere fatti fuori dall’azienda per poter salvare il posto tutti quanti. Non intendevo fare squadra nel senso di portare avanti la corruzione».
Quanto e in che misura il mondo politico ha pesato in questo sistema corruttivo?
«Quello che so e su cui ho dato indicazioni alla procura è che i vertici di Anas avevano di certo contatti con nomi importanti della politica. Io invece solo in un’occasione ho avuto contatti diretti con un politico, ovvero Martinelli».
Nel corso di una telefonata intercettata dalla Finanza si legge che il suo padrino politico è l’onorevole Gasparri. Cosa ha fatto per lei e cosa le ha chiesto in cambio?
«Conosco Gasparri da molto tempo, ma non ci sono mai state richieste di alcun genere da parte sua, né mi ha mai parlato di pratiche da aggiustare. Come ho spiegato per la posizione di Meduri ( il politico del Pd coinvolto nella prima tranche dell’inchiesta, ndr) non ho mai parlato di soldi con loro né di vicende da sistemare. Anche perché i politici, le ripeto, non parlavano con me, ma solo con i pezzi importanti dell’azienda».
Quanto marcio c’è ancora in Anas da scoprire, secondo lei?
«Ho raccontato di altre situazioni anomale che conoscevo in cui io proprio non c’entro nulla. Credo che la magistratura farà luce se lo riterrà opportuno».
Non ha mai pensato in questi anni di fermarsi e di vuotare il sacco?
«Posso solo dirle che da quando sono stata interrogata sto meglio, mi sento in pace. Anche se ho sbagliato, ho capito che dai propri errori si impara ed è per questo che ora sono a completa disposizione dell’autorità giudiziaria. Sia per quanto riguarda mie colpe, sia per quanto riguarda responsabilità altrui.
In questa storia sono rimasti coinvolti anche suoi familiari.
«Sì, sono molto rattristata per tutti i danni che stanno subendo in questa vicenda senza aver fatto nulla di male. Mio zio che è stato tirato dentro con la sua fondazione, non ha mai avuto alcun rapporto con l’Anas e mio fratello candidato alle elezioni in Calabria non sapeva nulla di una cena che io avevo organizzato per sostenerlo. Mi spiace solo che per colpa del mio nome finito nella bufera anche i miei parenti abbiano subito tanto accanimento mediatico».