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 2016  marzo 14 Lunedì calendario

Ma chi se ne frega di sapere davvero chi è Elena Ferrrante

Davvero è importante sapere chi si nasconde dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante? Sulla Lettura di ieri Marco Santagata ha usato la sua ricca strumentazione filologica intorno a Storia del nuovo cognome, secondo tomo della saga L’amore molesto ambientato a Pisa dal ’63 in poi, per giungere alla conclusione che l’autrice è una ex normalista, napoletana, storica all’Università Federico II: Marcella Marmo. L’interessata smentisce e la cosa potrebbe anche finire qui. Ma se il viaggio dall’«io che scrive» all’«io che vive», per riprendere una distinzione formulata da André Gide, pare fermarsi in riva all’Arno, ciò non significa che non sia pronto a ripartire.
 
Smascherare la Ferrante, mentre cresce il successo internazionale, è diventato, se non un imperativo, almeno una bella gara. Meglio confessare subito che cominciammo proprio noi, nel 2005, sullaStampa, con un’analisi dell’italianista Luigi Galella, dove si rilevavano significative coincidenza tra L’amore molesto (il primo romanzo del 1995, apprezzato dalla critica, in particolare da Goffredo Fofi), e Via Gemito di Domenico Starnone (premio Strega nel 2001). Allora il fenomeno editoriale era appena cominciato, ma la conclusione del critico, che cioè dietro il nom de plume si celasse appunto Starnone, fece non poco discutere.
Lo scrittore ovviamente negò, ricordando che gli erano già arrivate le voci più diverse, con varie identificazioni: Michele Prisco, Fabrizia Ramondino (scomparsa nel 2008), persino Erri De Luca. Avrebbe potuto aggiungere Goffredo Fofi, anche lui tra i sospetti. Negli ultimi anni nel mondo delle lettere si è diffusa la convinzione che Elena Ferrante sia Anita Raja, moglie di Starnone e redattrice alla E/O, l’editore della Ferrante. Ora il gioco continua, ed è un bel gioco anche se appassiona gli addetti ai lavori e molto meno i lettori, come risulta dall’inchiesta di Elena Masuelli rilasciata ieri sul sito dellaStampa.
L’uso di uno pseudonimo letterario più o meno impenetrabile è del resto antico, basti pensare agli eteronomi di Pessoa, che da solo fondò con una tribù di emanazioni di sé stesso il modernismo portoghese. O a Romain Gary: solo dopo la morte si scoprì che aveva scritto quattro romanzi firmandosi Emile Ajar. Vinse due premi Goncourt, uno come Gary e uno, con lo pseudonimo, ritirato da un parente-controfigura (tanto abile da rilasciare persino dotte interviste). È davvero difficile, forse impossibile, arrivare a «chi vive» sulla base di «chi scrive». Il paradigma indiziario è affascinante, ma senza il verdetto della realtà è un’ipotesi. Solo la Ferrante ha il diritto di decidere circa il proprio mistero. Chiunque sia – magari un team editoriale – non resta che augurarle buoni libri a venire.