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 2016  marzo 11 Venerdì calendario

I trucchetti dei tennisti imbroglioni

Maria Sharapova non è una prima volta. Anche lo sport dei gesti bianchi non sempre è stato immacolato. Oggi i controlli ci sono. Tanti, a sorpresa, fatti dalla severa e temutissima Wada. A partire dal 2010 i giocatori hanno l’obbligo di dare la propria reperibilità almeno un’ora al giorno, per 365 giorni all’anno. Se salti un test, sei squalificato, come accaduto di recente a Victor Troicki, numero 22 del mondo. Proprio in questi giorni Fabio Fognini, attualmente infortunato, ha raccontato la visita a casa sua dei «tecnici» addetti ai vari prelievi. C’è il problema che i controlli costano, la Federazione internazionale del tennis non investe ancora così tanto nel settore.
Ma prima, e certo non tanto tempo fa, era peggio, molto peggio. E se non altro il caso Sharapova indica la fine del «bando silenzioso», ovvero la squalifica travestita da infortunio, una specie di beneficio che viene applicato soprattutto ai nomi famosi. Nel 2013 ci vollero 6 mesi per capire che il croato Marin Cilic non aveva affatto male al ginocchio, ma stava scontando una sosta ai box causata dall’assunzione di un farmaco proibito. Poi tornò, vinse subito uno Us Open giocando come non mai, ma questo è un altro discorso, che riguarda il sospetto, pratica molto usata nel circuito Atp. Nel luglio del 2011, in forma stellare dopo aver vinto il torneo di casa a Bastad lasciando pochi games a Thomas Berdych e David Ferrer, lo svedese Robin Soderling si ritirò dalla tappa seguente a causa della mononucleosi. Non tornò più. Ha annunciato il proprio ritiro ufficiale nel 2015, quasi in contemporanea alle dichiarazioni del collega francese Gilles Simon, uno piuttosto linguacciuto ma anche sincero, che rese pubblico un sentimento diffuso, e mai verificato fino in fondo, ovvero che quel ritiro fosse una specie di accordo tra gentiluomini per evitare la gogna da una parte e lo scandalo dall’altro.
Maria Sharapova non ha avuto questa specie di lasciapassare. E non ha potuto inventarsi le scuse da fantascienza che finora sono state una caratteristica dei dopati del tennis, nessuno dei quali, questa è il tratto comune, ha mai ammesso di esserci cascato. Anche in questo, la tennista russa, seppur con mille distinguo, è stata invece costretta a una parziale ammissione e assunzione di responsabilità.
In rapida carrellata, ecco un rapido riassunto delle migliori giustificazioni. L’argentino Mariano Hood arrivò a dire che il Finasteride, farmaco nella lista nera in quanto considerato un agente mascherante, era contenuto in una lozione contro la perdita dei capelli. Nel suo periodo nero dal punto di vista esistenziale, Andre Agassi disse che il Crystal Meth che gli avevano trovato in corpo, una specie di cocaina dei bassifondi, era contenuto in una bibita che gli aveva passato il suo assistente. Trovò giudici disposti invece a bere questa surreale spiegazione, e venne perdonato.
L’americano Robert Kendrick attribuì alle pastiglie contro il jet lag la sostanza proibita che gli avevano trovato in corpo, e in questo caso non venne creduto. Andrò meglio all’argentino Mariano Puerta, già recidivo, che beccato nuovamente al Roland Garros del 2005 disse di avere bevuto per sbaglio da un bicchiere che conteneva le medicine contro la nausea della moglie incinta. Era stato squalificato per 8 anni, la bontà dei suoi argomenti gli fece avere uno sconto di sei anni. Il premio alla giustificazione più inverosimile va comunque a Richard Gasquet, talentuosissimo francese ancora oggi nei top 20, che nel 2009 fu trovato positivo alla cocaina. Scusate, disse, ma in un locale di Miami ho conosciuto una ragazza di nome Pamela, ci siamo dati tanti baci, e così ho ingerito involontariamente la droga che la mia partner aveva assunto. La sua versione dei fatti venne accettata. Il buon nome di Gasquet fu subito riabilitato. Con la reputazione dell’antidoping del tennis e il buon senso ci volle invece più tempo.