Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 11 Venerdì calendario

Anche l’Isis ha la sua Wikileaks. Una lista di 22 mila nomi di miliziani del Califfato è arrivata ai media europei

Potremmo essere di fronte al più grave squarcio inferto al monolite messo in piedi da Al Baghdadi in Siria. Oppure, a uno dei tanti file più o meno tarocchi che sedicenti disertori del Califfato spacciano ai giornalisti a ridosso del confine turco. È un fatto, però, che in queste ore il servizio di intelligence tedesco e le agenzie britanniche MI5, MI6 e Gchq, stiano spulciando la lista di 22mila nomi di miliziani dell’Is pubblicata da alcuni quotidiani europei. Per ogni nominativo, c’è una scheda di reclutamento. Per ogni scheda, un elenco di informazioni. E tra queste, ce ne sono almeno due che appartengono a foreign fighter partiti dall’Italia.
È stato per primo il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung a rivelare, lunedì scorso, di essere entrato in possesso di documenti sulle reclute dello Stato Islamico. Mercoledì, poi, il canale inglese Sky News ha rilanciato la notizia, riprendendo in video tutte le 22mila schede e spiegando di averle avute da un pentito dell’Is, che si fa chiamare Abu Hamed. Una sorta di Edward Snowden del Califfato. Stando a quando racconta, è un ex militante del Free Syrian Army convertito all’Is, e dall’Is deluso, tanto da convincersi a rubare i documenti sul reclutamento degli stranieri dal computer del capo dell’apparato di polizia interna, mettere tutto su una chiavetta usb e consegnarla ai giornalisti.
Le schede sono state sottratte tra il novembre e il dicembre del 2013, quindi sono un po’ datate. Scritte in arabo, sono questionari di 23 domande cui ogni volontario ha dovuto rispondere e compilare per entrare a far parte dell’esercito jihadista. Nome reale, nome di battaglia, il soggetto che li ha introdotti, il paese di provenienza, precedenti esperienze di jihad, conoscenza della sharia, formazione scolastica, luogo e data di nascita, gruppo sanguigno, data di arrivo in Siria, rotta, numero di telefono proprio e quello della famiglia. Anche la preferenza di utilizzazione: martire suicida, soldato, o altro.
Il sito di opposizione siriana “Zaman al-wasl” ne ha pubblicate in chiaro 1.736 che sembrano essere più recenti, perché le date di ingresso in territorio di guerra arrivano fino all’agosto 2015. Da una analisi sommaria di questa lista ristretta, emerge che i volontari provengono da 51 paesi e nel 72 per cento dei casi si tratta di arabi (485 volontari dall’Arabia Saudita, 375 dalla Tunisia, 140 dal Marocco, 101 dall’Egitto). Tra i combattenti stranieri, in testa i turchi con 57 reclute, secondi i francesi con 35, poi i britannici con 14.
C’è anche una lista di 122 aspiranti kamikaze, tutti giovani nati tra il 1988 e il 1990. E tra questi, due nomi che hanno a che fare con l’Italia: Anas El Abboubi (segnato col nome di battaglia Rawaha al-Itali), il rapper marocchino con passaporto italiano vissuto a Brescia e – stando al questionario – registratosi ad Aleppo nel settembre 2013; Abu Ishaq al-Tunisi, un tunisino di 39 anni che ha dichiarato di aver vissuto in Italia, Francia, Germania, Olanda e Belgio. Almeno uno dei due, Anas El Abboubi, era già noto da tempo all’Antiterrosimo italiano, ed inserito nella lista del Viminale dei foreign fighter giunta a superare le novanta unità. «I servizi tedeschi non hanno ancora condiviso con noi l’elenco dei 22mila – spiega a Repubblica un’alta fonte della nostra intelligence – prima di esprimere qualsiasi opinione, bisognerà valutarne l’autenticità e, soprattutto, l’attualità. C’è da capire, inoltre, se tutti i nomi inclusi nella lista siano effettivamente andati a combattere in Siria o in Iraq. In caso positivo, può essere uno strumento utile per individuare soggetti sfuggiti ai nostri radar».
Sugli “Is-files”, i giudizi non sono univoci. Per il ministro dell’Interno della Germania Thomas de Maiziere sono autentici e possono essere utilizzati come fonte di prova in un tribunale. Più caute le agenzie di spionaggio britanniche che osservano come gran parte dei miliziani indicati siano già noti, oppure deceduti in battaglia. Uno dei massimi esperti mondiali di jihadismo, Aymenn al Tamimi, osserva che alcuni loghi dei questionari sono diversi da quelli usati di solito dallo Stato Islamico. «Il gran volume dei documenti – sostiene – di per sé non vuol dire che siano veri».