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 2016  marzo 10 Giovedì calendario

Bastava guardare Matrix e gli altri loro film

Ora, a tutti gli effetti (e i generi), non si può più parlare di un cinema «dei fratelli» Wachowski. E, in questo, c’è una sorta di coerenza con la loro poetica, perché quello delle adesso sorelle Wachowski rappresenta, per l’appunto, una filmografia transgender.
Non solo per la contaminazione e la frequentazione – a volte riuscita, a volte assai meno – di generi cinematografici diversi, ma anche perché il concetto di metamorfosi e di cambiamento «di stato» costituisce uno dei denominatori comuni principali del loro lavoro. Come pure quelli di «transizione» ed «evoluzione», le parole utilizzate da Lana (già Larry) per indicare la decisione di cambiare sesso. Non a caso, tutte categorie centrali del pensiero e dell’estetica del postmoderno, di cui le loro pellicole sono dichiaratamente dei manifesti visivi (e lo mostrano le citazioni esplicite di Jean Baudrillard e i riferimenti altrettanto in chiaro al nichilismo in quell’opera pienissima di sottotesti e rimandi esoterici che è la trilogia di Matrix).
Uno dei temi di fondo costanti è quello della tensione tra la realtà e il virtuale, con il relativo quesito su quanto i nostri sensi, a partire dalla vista, ci restituiscono di vero e su cosa è rappresentazione (o, ancora peggio, simulacro) e cosa, invece, risulta autentico: interrogativi che valevano, dunque, in tutto e per tutto, anche a proposito dell’identità sessuale dei loro autori.
Cloud Atlas (1998), tratto da un romanzo di David Mitchell (L’atlante delle nuvole), dove le anime trasmigrano attraverso lo spazio e il tempo, è imperniato sull’idea della reincarnazione – i passaggi di stato – e su quella della ribellione alla ricerca di una condizione esistenziale più vera (come quella alla base della scelta transgender del duo).
Il (discutibile) «frullatone» Jupiter. Il destino dell’universo (2015) è un almanacco visivo del post-umano (e dell’ingegneria genetica, che si potrebbe leggere come metafora dei trattamenti di riattribuzione del sesso), tra cyborg, individui sintetici e, soprattutto, incroci tra uomini e altre specie. Sempre fantascienza mistica, che ha dato origine persino al Matrixism e attinge a piene mani al calderone spirituale della new age californiana (il vero nucleo ideologico della loro cinematografia), dove l’idea della rinascita si rivela fondamentale. Ma non mancano nemmeno i precedenti non sci-fi, come Bound (Torbido inganno, 1996), storia lesbo tra Corky (una ragazza che fa l’idraulico per mantenersi) e Violet (la donna di un malavitoso), le quali rubano soldi alla mafia per realizzare l’aspirazione – ci risiamo – a una nuova vita. Quella, appunto, a cui approda ora Lilly (già Andy).