la Repubblica, 10 marzo 2016
Presto, uno psicologo per Zamparini
Un serio studio socio-psicologico sui nostri anni, così liberi dal senso del limite da rasentare la patologia, non dovrebbe ignorare la straordinaria figura di Maurizio Zamparini, presidente del Palermo calcio. Meritatamente famoso per la frenesia con la quale licenzia e assume allenatori (sei solamente quest’anno, alcuni dei quali più di una volta), dando pubblicamente del deficiente a questo e dell’inetto a quell’altro. Il tono di voce, di qualche decibel superiore alla media, peggiora l’intenzione ostile, rendendola umiliante per entrambi: l’osteggiato e l’osteggiatore. Ne risulta una considerazione del lavoro (quello altrui, naturalmente) che nemmeno nella Louisiana segregazionista sarebbe passata inosservata. Zamparini non è un padrone vecchia maniera (quelli erano prepotenti, ma paternalisti), ma nuovissima maniera: diritti, doveri, meriti, demeriti, tutto è azzerato, conta solamente l’umore del capo. Il mondo è una sua proiezione. O si adegua all’immagine che lo stesso Zamparini ne ha tratteggiato, o deve subirne le conseguenze. Uno spettacolo che sarebbe solamente ridicolo se non fosse anche triste, preciso segno della distruzione del lavoro come fonte, oltre che di reddito, anche di dignità. E neanche un allenatore che gli abbia mai detto: io sarò anche un deficiente, ma lei ha bisogno di un bravo terapeuta.