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 2016  marzo 10 Giovedì calendario

Il futuro della Merkel passa per il Baden-Wuerttenberg, la regione delle auto

Stoccarda Una moglie che disobbedisce al marito. È cominciata così l’avventura del “carro senza cavalli” che ha rivoluzionato il ’900. In un paesino del Baden, una mattina di agosto del 1888, Bertha Benz ruba l’automobile del consorte Carl, il geniale ingegnere coi baffoni alla Nietzsche che l’ha inventata, e parte di nascosto per Pforzheim, a cento chilometri di distanza, per andare a trovare la madre. Il primo viaggio in automobile della storia si compie senza intoppi, se si fa eccezione per un ciclista che finisce nel burrone, terrorizzato dal veicolo infernale. E un secolo e 80mila brevetti dopo, i pronipoti di Carl, gli ingegneri della Daimler, si spremono ancora le meningi per disegnare le macchine del futuro.
Uno di loro, Ralf Herrtwich, ha organizzato un rodaggio speciale lungo lo stesso percorso: quello con la prima automobile senza pilota, su modello delle Google-car. Nella fabbrica di Sindelfingen, vicino a Stoccarda, nel suo ufficio bianco e sobrio, l’ingegnere racconta con un sorriso che quel viaggio è andato «benissimo» ma che l’iper-cautela delle macchine computerizzate crea ancora qualche problema. Ad esempio quando una vecchietta si ferma sull’orlo delle strisce pedonali e fa cenno all’auto di passare. Il computer non capisce: il rischio è lo stallo messicano fino alla sfuriata di clacson. Ma l’Archimede delle macchine senza pilota sventola uno smartphone, «il futuro è qui», dice. Il prossimo traguardo di Daimler, che ha già inventato gioielli del car sharing come Car2Go, è la App con cui individuare e ordinare l’automobile più vicina e per farla venire sotto casa o davanti all’ufficio. Con nessuno al volante.
Fare un tuffo nel futuro con top manager alla Herrtwich non è difficile, a Stoccarda. Capitale del Baden-Wuerttenberg, una delle regioni più ricche dell’Europa, quartier generale di colossi come Daimler, Porsche, Siemens, Bosch ma anche di migliaia di piccole e medie imprese legatissime all’industria automobilistica, è definita da sempre, appunto, Autoland.
La cosa sorprendente è che un Land così industriale, conservatore ed operoso è governato da 5 anni da un ambientalista sfegatato con indici di popolarità alle stelle, Winfried Kretschmann.
Domenica prossima si vota qui e in altri due Land. Ma il primo presidente Verde della storia tedesca sta realizzando il sogno che gli ambientalisti rincorrono dagli anni Settanta’ 70: trasformare i Gruenen in una Volkspartei, un partito di massa. Kretschmann è andato in pellegrinaggio nella Silicon Valley, il suo ministro dell’Economia Nils Schmid (Spd) ha messo in rete il ricchissimo tessuto industriale: hanno dimostrato che l’innovazione è una chiave essenziale per legare ambientalismo e industria.
Negli ultimi sondaggi i Verdi superano addirittura la Cdu, sono il primo partito con oltre il 30% dei voti. Tuttavia, anche Kretschmann deve fare i conti con una tendenza che si registra in tutto il paese: a fronte dei colossi della Grande coalizione che arretrano pesantemente – la Spd addirittura di 10 punti rispetto alle ultime regionali – i populisti dell’Afd sono dati a due cifre. E questo rende più difficile il rinnovo della coalizione Verdi-Spd: al momento non raggiungono la maggioranza.
Il successo degli anti-euro, del partito dell’anti-Merkel, Frauke Petry, sta sparigliando le antiche coppie delle coalizioni tedesche. Kretschmann è chiamato dai suoi avversari lo «stalker della Merkel»: ne ha abbracciato in pieno le “porte aperte sui profughi”, ha detto più volte che «prega per lei» e molti lo accusano di avere un “cuore nero”, Cdu, dopo aver anche chiesto i respingimenti per i migranti economici. Gli ambientalisti più ideologici lo chiamano “ultra-realo”, iper pragmatico, una parolaccia. Ma Kretschmann è il simbolo di un movimento, quello degli ambientalisti, che è sdoganato al centro della società tedesca da decenni. Non a caso, il Land che unisce l’antica Baden e la Svevia potrebbe essere il laboratorio dell’alleanza nero-verde che Angela Merkel, la “Klimakanzlerin”, coltiva in cuor suo da tempo.
La Svevia aristocratica da cui provengono gli Hohenzollern, gli Hohenstauffen e gli Asburgo è piena di contrasti: in Italia dobbiamo ad un imperatore svevo, Federico II, la scuola della prima poesia in dialetto, quella siciliana. Ma nel resto del Paese, gli svevi hanno la nomea di essere ricchi, tirchi e di vedute strette. Quando sbarcarono a Berlino, negli anni successivi alla caduta del Muro, per comprarsi palazzi interi, tutte le notti qualcuno incendiava le macchine targate Stoccarda. Dagli anni ‘50, questa ricca regione è anche la meta prediletta di tanti italiani. Il problema, però, è che molti «non hanno più la fame dei nonni ma non sono neanche qualificati o umili abbastanza per infilarsi in un apprendistato». Il console italiano a Stoccarda, Daniele Perico, scuote la testa. Nei giorni scorsi ha dovuto mettere sull’aereo due italiani che non avevano trovato nulla e avevano finito i soldi. «Che altro potevo fare?».