Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 10 Giovedì calendario

A Napoli i pacchetti di voti si ereditano di padre in figlio

I pacchetti di voti del Pd, a Napoli, si ereditano di padre in figlio. Sono una dote, un po’ come il corredo, il servizio d’argento o l’orologio del nonno. Oppure come quel pacchetto iniziale di 18.000 preferenze che Franco Casillo – potente leader prima della Dc e poi della corrente demitiana della Margherita e del Pd – ha deciso di lasciare al figlio Mario. Il quale, per non deludere il papà, ne ha ripercorso l’intera carriera politica (consigliere comunale a Boscoreale, assessore, consigliere regionale) fino a diventare una delle macchine da voto più potenti di Napoli e provincia.
Il blocco da gestire
Lo chiamano «l’uomo che sussurrava alle tessere», e non a caso. La sua gestione delle preferenze – in un sistema dove i consiglieri regionali contano più dei deputati e il potere è strutturato sul modello delle scatole cinesi – è capillare: controlla sindaci, assessori, presidenti dei parchi, consiglieri comunali e di municipalità. E, per assicurarsi che tutti votassero Valeria Valente, domenica scorsa ai seggi dell’area orientale di Napoli tra Ponticelli, San Giovanni e Barra ha mandato proprio un consigliere comunale suo fedelissimo: all’anagrafe è Aniello Esposito, ma con quel nome non lo conosce quasi nessuno. Lo chiamano Bobò, ed era il capogruppo del Pd al Comune di Napoli fino a quando i suoi colleghi di partito non l’hanno sfiduciato adducendo come (malevolo) pretesto la circostanza che «non riesce a esprimersi in maniera corretta in aula». Uno di quei colleghi, per ironia della sorte, se l’è ritrovato accanto proprio nel giorno delle primarie. È Tonino Borriello, il consigliere comunale che ha raccolto le firme per la candidatura di Antonio Bassolino ma che poi ha deciso di sostenere Valeria Valente. E che, davanti al seggio di San Giovanni, ha distribuito qualche euro agli elettori «per non essere scortese».
Il Risiko degli elettori
Il suo appoggio, Casillo, lo fa pesare: «Il mio elettorato non si sposta automaticamente, non è come giocare a Risiko che ti basta muovere i soldatini. Oggi il cittadino lo devi convincere, come è accaduto nel mio caso con Valeria Valente. Ho dovuto fare riunioni su riunioni perché i miei non la volevano votare, mica sono caproni». La fedeltà dei suoi «tesserati», alla fine, ha pagato. I voti per la candidata sono arrivati. E sono arrivati anche quelli promessi da Enza Amato, 38 anni, consigliera regionale della Campania eletta lo scorso giugno. «Un plebiscito!», dichiarò commentando le 13.605 preferenze conquistate. Quante siano quelle ereditate dal padre – Antonio Amato detto Tonino, ex consigliere regionale, una vita nel Pci – ovviamente non è noto. E si ignora anche quale sia stata la reazione della figlia allo scivolone del papà, che – forse per aiutarla – ha ben pensato di scrivere una lettera a 140 famiglie del rione Traiano per ricordar loro di averli «conosciuti quando ho seguito la vostra vertenza per l’assegnazione della casa in cui tutt’oggi vivete» e chiedergli di «votare per Valente». Apriti cielo. «Le case le abbiamo avute quando era sindaco Antonio Bassolino», è stata la risposta.
La «Missione Dolomiti»
Sarà stato contento Massimo Paolucci, grande sostenitore di Bassolino con il quale – dopo esserne stato il braccio destro – aveva litigato ai tempi dell’emergenza rifiuti, salvo poi tornare amici. Eurodeputato, sul suo computer per le primarie ha creato un file chiamato «Missione Dolomiti», che evoca il titolo del libro scritto dall’ex sindaco e governatore. E a lui ha assicurato tutto il suo pacchetto di preferenze, a costo di scontrarsi con Andrea Cozzolino, un altro ex grande amico: «Ho influenza senza gestire niente e sono diventato parlamentare per sbaglio», si schermisce Paolucci.
I voti, però, quelli li ha: «Be’, ma è perché mi sono fatto un nome sulla coerenza, sono amato e lo so. A Napoli c’è gente che mi vuole bene». Un po’ troppo understatement, per uno che è stato considerato per anni il signore delle tessere. «Ma ora avevamo il brand Bassolino. Diciamo che sono un ex potentissimo, ma in un altro secolo». Quel che conta, però, sono i voti. E quelli, Massimo Paolucci, li ha assicurati. Sono nero su bianco. Ché a Napoli, per dirla con il politologo Mauro Calise, «ogni voto ha il nome e il cognome di un micronotabile». Sono le firme dei signori del voto.