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 2016  marzo 09 Mercoledì calendario

Breve ripasso su Gioacchino Murat, per chi non ricorda o non ha studiato

«Risparmiate il mio volto, sparate al cuore, fuoco!». Così – sembra – Gioacchino Murat, generale francese, re di Napoli e maresciallo dell’Impero grazie a Napoleone Bonaparte, lasciò il mondo davanti al plotone d’esecuzione. Era il 13 ottobre 1815: fu centrato da sei pallettoni su dieci. Aveva 48 anni.
A venti aveva sterzato la propria vita, lui, nato a Labastide-Fortunière (Midi-Pirenei) undecimo figlio di albergatori: i genitori lo avrebbero voluto vedere conquistare le gerarchie ecclesiastiche (potere e onori), Gioacchino era però di un’altra pasta. Meglio il divertimento e le spese facili. Una bella vita durata poco perché il padre non gradiva per nulla. Tra la disciplina imposta a casa e quella del noviziato scelse quella della caserma e si arruolò. Temperamento focoso, audace, non tentennò e finì in un reparto «scelto»: dodicesimo reggimento di cacciatori a cavallo (una sorta di corpo speciale per l’epoca), e addio all’albergo e alla chiesa. 
Il coraggio non gli mancava, forse ne aveva persino troppo: ecco ben presto fama, gloria e gradi. Ma Murat, per quanto grande, gravitava inesorabilmente attorno a Napoleone: lo sostenne contro l’insurrezione lealista del 1795 (e diventò generale), fu attivissimo nel colpo di Stato del 18 brumaio 1799 (e diventò comandante della guardia del Primo console). Fedele almeno in parte al motto che aveva fatto incidere sulla lama della sua spada («L’onore e le donne»), fu chirurgico nella scelta della moglie: Carolina Bonaparte, figlia minore del piccolo-grande Corso. Napoleone gli offrì un altro gradino verso la Storia nominandolo re di Napoli. Murat portò il Codice Napoleonico, fondò di fatto quella che diventò la prima facoltà di Ingegneria d’Italia e in un blitz cacciò gli inglesi da Capri. Sempre pronto alla battaglia, durante la (sciagurata) campagna di Russia di Napoleone arrivò con sua colonna di cavalli sotto il Cremlino. Ma intuì presto l’inizio della fine e, dimenticando l’onore inciso sulla sciabola, lasciò la casacca francese per quella austriaca. Tradimento, con quasi immediato ritorno tra i napoleonici. Battuto sul campo dagli ex alleati vide crollare il suo regno e svanire la sua famiglia: la «consegna» di Napoli agli inglesi fu fatta dalla regina. Così non vide più né moglie né figli. Murat fuggì a Cannes ma Napoleone non lo volle tra i suoi fedelissimi (con tardivo pentimento), a Waterloo. Il 28 settembre 1815, braccato, con una taglia sulla testa, il re senza più corona partì per riprendersi Napoli con 250 uomini. Una tempesta lo dirottò da Salerno in Calabria e un soldato lo tradì. Fu arrestato e condannato a morte. Non si fece bendare.