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 2016  marzo 09 Mercoledì calendario

Lo sport russo avvelenato dal Meldonium. Oltre alla Sharapova, ci sono almeno altri cinque atleti che hanno assunto il farmaco vietato

Ci mancava pure Maria e il suo farmaco proibito. Nel pieno di una tempesta di fango che rafforza le accuse internazionali di “doping di Stato”, il mondo dello sport russo prova a prendere le distanze dalla sua stella. E come spesso accade, il più cinico nell’abbandonarti è uno degli amici più cari: Evgenij Kafelnikov, il più titolato tennista di Russia, l’uomo che un giorno lontano regalò alla piccola Sharapova la sua prima racchetta, reagiva così ieri mattina all’ennesimo scandalo: «Maria si è dopata? È un problema suo cui deve rimediare da sola». Significativo se si pensa che, dopo una carriera impreziosita da sei titoli dello Slam (due in singolo e quattro in doppio), e una fallimentare esperienza da pokerista di professione, Kafelnikov è adesso vice presidente della federazione tennistica russa, volto politico di una preoccupazione che arriva fino al Cremlino. Perchè la vicenda “Meldonium” rischia di essere il colpo da ko per tutta l’industria sportiva nazionale che ancora pochi giorni fa ancora sperava nell’annullamento della sospensione dei campioni russi dalle gare di atletica alle Olimpiadi di Rio, dopo lo scandalo di novembre.
Macchia infamante per l’immagine di tutto il Paese che Putin in persona ha ordinato di spazzar via. Ma tutti gli sforzi di buona volontà, i repulisti, le promesse, stanno naufragando uno dietro l’altra. In poche ore, altri nomi prestigiosi si sono aggiunti alla Sharapova nel gruppo di sportivi che hanno fatto uso dello stesso farmaco. Si tratta del campione europeo di pattinaggio short track, Semion Elistratov che aveva cercato di nascondere con problemi di salute la sua rinuncia ai mondiali di Seul; il prodigio del pattinaggio veloce Pavel Kuliznhnikov; e la coppia di pattinatori artistici Ekaterina Bobrova e Dmitrj Soloviov, oro ai Giochi invernali di Sochi. Anche un campione della nazionale di pallavolo, Aleksandr Markin, avrebbe combinato pasticci sospetti nei test che tentano di individuare le tracce di Meldonium nel sangue. Che cos’è questo Meldonium? È un farmaco che dovrebbe aiutare a recuperare energia e che nei paesi dell’area post comunista è facilissimo da trovare on line con tanto di spedizione gratuita a casa. Valerij Malygin, presidente della ditta lettone Olainfarm che ne detiene il brevetto dai tempi sovietici, giura che «non ha niente a che vedere con il doping, non dà alcun beneficio o vantaggio». Fatto sta che il farmaco, mai autorizzato negli Usa e in Europa occidentale, è comunque inserito dal primo gennaio nella lista dei farmaci proibiti dall’agenzia mondiale antidoping. L’annuncio del divieto, datato 30 settembre 2015, è apparso solo ieri mattina sulla homepage del sito ufficiale della Rusada, l’antidoping russo. Provvedimento un po’ tardivo, da parte di un’organizzazione che gode sempre di minor fidu- cia. Proprio due giorni fa la tv tedesca Ard, che con due sue inchieste aveva descritto lo sport russo come gestito da una cricca di delinquenti, politici e perfino agenti segreti, ha sganciato una terza bomba letale. Il documentario del giornalista Hajo Zeppelt sostiene che la decapitazione dei vertici non è servita a niente, che i dirigenti dell’antidoping continuano ad avvisare gli atleti di controlli improvvisi e li aiutano pure a coprire le loro magagne. Inoltre ha picchiato duro sulle misteriose morti, consecutive e inspiegabili, di quattro dirigenti chiave dell’apparato che dovrebbe vigilare su test e analisi. Vicenda oscura che si allarga sempre più, con l’aggravante del coinvolgimento di Maria Sharapova, bellissima e amatissima portabandiera russa alle Olimpiadi di Londra del 2012, ma adesso lasciata da sola a gestire «un problema tutto suo».