La Stampa, 9 marzo 2016
Come la mente dell’attentato del Bardo arrivò a Novara
«Era un ragazzo gentile, si vestiva alla moda e portava i capelli lunghi e il pizzetto. Aveva un cruccio: voleva tornare a casa dalla mamma che stava male ma non poteva». È il ritratto del giovane che cinque anni dopo diventerà un capo terrorista dell’Isis, la «mente» di stragi con decine di vittime: nel 2010 il tunisino Noureddine Chouchane aveva trent’anni e abitava a Novara dove lavorava come autista di un’impresa edile. Guidava i camion che trasportano i mezzi di cantiere ed era in trasferta da Ancona per alcuni lavori nella zona di Castelletto Ticino e Gallarate.
Si era rivolto all’agenzia di pratiche di Mohamed Bouali, punto di riferimento della comunità tunisina a Novara, per rinnovare il permesso di soggiorno che era stato rilasciato ad Ancona ma era in scadenza proprio in quell’estate del 2010. La foto mostra un ragazzo coi capelli lunghi e il pizzetto, ben diverso dalle foto del combattente rasato e barbuto diffuse negli ultimi giorni.
A Novara abitava nel quartiere multietnico di Sant’Agabio: era ospite in via Fogazzaro 10, a casa di un altro camionista che ora ha traslocato. All’agenzia di pratiche tornò anche dopo il rinnovo del permesso per un altro problema: il suo passaporto era scaduto. «Mi raccontò che la madre stava male e voleva andare da lei ma il consolato tunisino di Genova non gli rilasciava un nuovo documento – racconta Bouali -. Si capiva che era istruito, aveva un buon lavoro, era tranquillo».
In realtà Chouchane era tutt’altro che un bravo ragazzo, il suo passato cela segreti inquietanti, secondo le rivelazioni fatte dal fratello ad alcuni media tunisini. La prima ombra risale al 2003, quando tenta di raggiungere l’Iraq per combattere contro gli americani al fianco di Abu Musab Al Zarqawi, leader del braccio iracheno di Al Qaeda nei confronti del quale – sembra – nutrisse una vera ammirazione. Lo stesso spietato tagliatore di gole nei cui ranghi ha militato Abu Bakr Al Baghdadi, il primo ispiratore, il secondo fondatore dello Stato islamico di Iraq e Levante. La marcia verso il fronte si ferma però in Siria, dove viene arrestato mentre transita verso il confine.
È nelle segrete del regime di Damasco che matura in maniera più forte e consapevole l’animo jihadista, trasformandosi da volontario combattente a operativo. Il passo successivo è verso l’Italia, dove arriva dopo la liberazione, all’inizio con documenti falsi, e dove poi conduce una vita apparentemente normale: in realtà è una «cellula dormiente». Fonti tunisine spiegano che tra l’Italia e la Siria, Chouchane entra in contatto con Giuliano Delnevo, foreign fighter italiano partito da Genova, morto in Siria nel giugno 2013, combattendo contro Bashar Al Assad.
In Italia inoltre, Chouchane sviluppa contatti – rivelano fonti tunisine – con «Sharia 4 Belgium» designata organizzazione terroristica nel febbraio 2015 sulla scia degli attacchi di Parigi. Nel frattempo però Chouchane ha fatto ritorno in patria, precedendo un ordine di espulsione. Arriva in Libia dove inizia la scalata ai vertici della jihad maghrebina fino alle alte sfere dell’Isis, grazie anche all’unione con Madeeha Azima Mahmoud, cugina di Abu Iyadh, leader di Ansar Al Sharia. È lei forse la donna presente nel covo-prigione di Sabrata dove erano tenuti gli italiani rapiti, la stessa donna morta nelle concitate fasi dell’uccisione di due di loro e della liberazione degli altri due.