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 2016  marzo 08 Martedì calendario

L’erbicida che divide l’Europa

Tutti, o quasi, uniti contro il glifosato. Il popolo agricolo e ambientalista per una volta pare essere d’accordo: l’uso di questo erbicida non deve più essere autorizzato dall’Europa. È una battaglia tecnica con forti risvolti ambientali e sanitari, quella che si sta combattendo fra Roma e Bruxelles. Con l’industria che cerca di gettare acqua sul fuoco degli allarmismi, ma che ha anche il governo italiano contro. In gioco, ovviamente, non soltanto la natura e l’agricoltura, ma anche un giro d’affari da miliardi di dollari.
Ma contro che cosa si è schierato di fatto un intero Paese? Il nocciolo del contendere è un composto chimico erbicida – il glifosato, appunto – che è alla base di 750 formulati, tra i quali il famosissimo (per gli agricoltori), Roundup prodotto e commercializzato dalla multinazionale Monsanto (che ne trae circa 5 miliardi di dollari all’anno di fatturato). L’autorizzazione all’uso del glifosato a livello europeo è scaduta alla fine del 2015 ed è stata prorogata fino a metà 2016 in attesa di una nuova autorizzazione dell’Unione europea per altri 15 anni sulla base di una decisione che proprio in queste ore viene discussa dallo Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed, sezione fitosanitaria della Commissione europea. Il problema è che il glifosato è al centro di una diatriba tra l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro di ricerca sul cancro (lare) dell’Oms. Per l’Efsa, infatti, la cancerogenicità del glifosato non è verificata dal punto di vista scientifico; al contrario, i ricercatori dell’Oms hanno definito il glifosato «probabilmente cancerogeno per l’uomo».
L’Efsa si è pronunciata sulla molecola (che deve essere autorizzata dal-l’Ue), lo lare dell’Oms ha esaminato la molecola e l’interazione con altri coformulanti presenti nei prodotti.
Gli interessi in ballo sono evidenti: se il glifosato fosse proibito cambierebbe tutta la ’geografia economica’ della produzione e del commercio di erbicidi in Europa.
L’Italia insieme a Francia e Olanda è adesso contro il proseguimento dell’autorizzazione. La posizione italiana è stata annunciata in un comunicato congiunto dei ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e della Salute Beatrice Lorenzin ai quali si è associato anche il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. Roma poi rilancia annunciando un ’Piano nazionale a glifosato zero’ che verrà messo in atto, in tre mosse, «a prescindere dagli esiti del confronto europeo». Intanto, il commissario Ue alla Salute, Vytenis Andriukaitis, aveva già proposto un compromesso, per «ridurre i tempi del prolungamento dell’autorizzazione a 8-10 anni».
D’accordo con l’esecutivo, trentadue associazioni ambientaliste e di agricoltori della coalizione #StopGlifosato (che ieri hanno addirittura scatenato una twitter storm per chiedere il divieto all’uso del prodotto).
Contro l’erbicida, per esempio, si è pronunciato il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, che ha spiegato: «È necessario che un eventuale divieto riguardi coerentemente anche l’ingresso in Italia e in Europa di prodotti stranieri con residui di glifosato». Posizione condivisa anche da Ermete Realacci, presidente della Vili Commissione Ambiente della Camera, alla quale si è aggiunta quella del Wwf che ha rilevato come gli erbicidi con questo principio attivo siano «utilizzati per trattamenti agricoli in modo massiccio e ripetuto. E questo può rappresentare un pericolo».
Dall’altro lato gli industriali della chimica. Agrofarma-Federchimica, precisa che tutti gli agrofarmaci, inclusi i diserbanti, prima di essere messi in commercio vengono sottoposti a studi scientifici e a rigorosi controlli, condotti secondo i sistemi di regolamentazione più rigidi e stringenti al mondo. Per Agrofarma, inoltre, le analisi dello lare «non valutano i rischi reali ma producono liste di potenzialità cancerogene squisitamente teoriche poiché si rifanno a valutazioni di laboratorio che non tengono conto dell’esposizione reale dell’uomo alle sostanze attive». Mentre il Consiglio nazionale dei chimici chiede di «non fare allarmismi e di lasciare le valutazioni dei rischi agli organi competenti. Stranamente rilevano ancora i chimici -, queste campagne subiscono accelerazioni solo quando i prodotti non sono più protetti da brevetto e la produzione può essere fatta a costi minori».