MilanoFinanza, 8 marzo 2016
La lunga opera di ricostruzione della Popolare di Vicenza è iniziata bene
Sabato scorso l’assemblea della Popolare di Vicenza, pur tra l’ira e lo sconforto di una parte dei risparmiatori-investitori che si sono sentiti traditi dalla passata gestione e le non secondarie preoccupazioni per il sostegno dell’economia del territorio, ha ottemperato alle direttive impartite dalla Vigilanza unica (con una comunicazione peraltro da Francoforte che, seguitando in un modo che trascura gli effetti sul mercato, sta creando non pochi problemi alle banche coinvolte, ma anche alla clientela che in alcuni casi subisce un disorientamento). L’assemblea è stata l’occasione per riflettere ancora sulla validità e sui limiti della riforma delle popolari, sui casi di mala gestio, sulla tutela del risparmio e sul rapporto con il territorio, sulle prospettive di risanamento e di rilancio, sulle eventuali possibilità di aggregazioni con altri istituti. In un esercizio (2014-15) la Popolare ha perso 9 miliardi di raccolta, agendo come forti concause le ricorrenti, e non sempre fondate, voci sullo stato di salute dell’istituto, mentre i nuovi manager sono impegnati in una forte azione di risanamento, e gli effetti disastrosi della normativa sul bail-in. Questa, alimentando preoccupazioni, ha fatto spostare i depositi e altre forme di allocazione del risparmio verso banche ritenute, a torto o a ragione, più sicure. Non si finirà mai di rilevare i danni prodotti dal bail-in, pur non trascurando affatto gli altri danni, costituiti dalle gestioni errate, scorrette o contrassegnate da veri e propri illeciti. Su questa materia occorrerà reintervenire. Le indicazioni date dal governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco, che ha ricordato l’esistenza, prevista dalla stessa direttiva Brrd, della possibilità di un riesame entro il 2018, non si possono affatto lasciar cadere. All’opposto, tale possibilità andrebbe fatta valere da subito, benché da Bruxelles si manifestino opinioni contrarie alla revisione: è compito del governo agire, una volta rilevatane la necessità, perché l’argomento venga affrontato. Intanto alla Popolare vicentina si prospettano gli altri due impegni, riguardanti rispettivamente l’ammissione alla Borsa e l’aumento di capitale da oltre 1,5 miliardi richiesto dalla Vigilanza. È stato giustamente osservato che, superato il vaglio dell’assemblea di sabato, le nuove prove da sostenere non sono da meno. Per affrontare i suddetti impegni occorre però che non venga meno, perché potrebbe prevalere la reazione per il «risparmio tradito», il sostegno delle comunità locali, dei soggetti istituzionali e sociali. Questi naturalmente dovranno parametrare le proprie posizioni alla determinazione con cui il nuovo vertice procederà per far finalmente arrivare la Popolare, che un tempo costituiva l’orgoglio del Nord-Est, dal pelago alla riva. Le ragioni della caduta andranno tutte analizzate e le responsabilità, se accertate, andranno sanzionate. Una grande attenzione si richiede all’azione della Vigilanza. Non si vuole qui, di certo, condiscendenza nei confronti di chi sbaglia né un acritico sostegno di organismi che si dovessero venire a trovare in condizioni patologiche irreversibili, le quali comunque non rappresentano affatto la condizione della Vicenza. Si chiede invece un’azione rigorosa e non rigoristica, quest’ultima essendo la più facile per il regolatore-controllore, che così si scrolla di dosso qualsiasi pensiero negativo, qualsiasi dubbio: poi, che l’istituto viva o muoia, poco importa. La capacità di un organo di controllo sta nel dosare i propri interventi, bilanciandoli adeguatamente e ricercando tutte le possibili alternative a misure traumatiche. Il management della banca deve essere in grado di interloquire in una valida posizione dialettica con i vigilanti, senza assumere aprioristicamente una posizione di acquiescenza nel presupposto che costoro non sbaglino mai. Gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione vanno utilizzati quando è necessario. Comportamenti supini non sono utili né alla banca né al sistema né alla stessa Vigilanza, che per agire bene ha bisogno di un contraddittorio dialettico. Nel caso della Vicenza l’opera di ricostruzione da compiere nei confronti della clientela effettiva e potenziale è rilevante; la sistemazione dei crediti deteriorati non può avvenire fulmineamente, essendo invece importante che sussista un piano solido, verificabile puntualmente in itinere per conseguire una tale ripulitura dei bilanci beneficiando altresì della prevista garanzia pubblica. L’immagine e la credibilità esigono un’opera enorme, nella quale il vertice oggi appare adeguatamente impegnato. Insomma, saranno questi passaggi a dirci come la Vicenza potrà procedere, mentre parallelamente occorrerà valutare la condizione di quei risparmiatori che risultassero effettivamente raggirati. In questo percorso non dovrebbe essere esclusa l’ipotesi di un’aggregazione, magari da perseguire più in là nel tempo per poterlo fare in una condizione migliore e salvaguardando alcuni aspetti storici dell’istituto. La trasformazione in spa non è la panacea; la legge di riforma è un avanzamento dell’ordinamento, che però è avvenuto in tempi, modi e con alcuni contenuti inappropriati. Per la Vicenza la trasformazione è un presupposto sul quale bisognerà costruire.