il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2016
La Domenica Live del renzismo (presa troppo sul serio)
Avremmo voluto dimenticare tutto, subito, dopo la pubblicità. La fotografia caramellata da tv trash giapponese, le domande fasulle, gli ammiccamenti al pubblico tra baluginii di lucidalabbra e faccette buffe, lo stile da siparietto da festa di paese, con l’assessore con l’hobby delle barzellette chiamato sul palco. E invece il giorno dopo, cioè ieri, i giornali sull’attenti non hanno mancato di farci il report di contenuti e caratura politica dell’ospitata del presidente del Consiglio a Domenica Live, dove Barbara D’Urso lo ha accolto con un “Ciao Matteo” sulle musiche dell’ignaro Morricone e l’ha portato a sedere tenendolo per mano, mentre lui continuava a ripetere “Buonasera, buonasera a tutti, come state”, modesto, affabile, manco l’Oscar lo avesse vinto lui.
E se per Repubblica il “premier” a Canale5 è andato a dire che “in Italia ci sono troppi istituti di credito” e che “con le regole Ue bisogna accorparle” (praticamente un vertice di Stato), il Corriere si concentra sulla guerra alla Libia, sulla quale la D’Urso si è mostrata in disaccordo con apposito broncio. Il presidente viene descritto avvolto da un’aura tetragona, un misto tra Mitterand e Willy Brandt: “I paletti di Renzi: ‘Con me nessuna invasione’”, e del resto il pubblico di Canale5 si era sintonizzato proprio per capire se le parole dell’ambasciatore Usa consegnate al Corriere e mai smentite su un intervento a guida italiana avessero un fondamento. “La guerra non è un videogioco”, ha rassicurato tra gli applausi l’ex concorrente della Ruota della Fortuna, che quando va in Libano o in Afghanistan si porta la mimetica da casa con la scritta “Renzi” ricamata sopra.
La Stampa dà conto della professione di “prudenza e buon senso” fatta da Renzi “nella sua settimanale newsletter”, poi passa agli “sforzi dell’Onu” e al voto del Parlamento di Tobruk, infine per stemperare s’appoggia alla battuta del “premier”: “Ma che è, un videogioco?”. Che lenza!, neanche B. avrebbe saputo allentare così bene la tensione per i due cadaveri italiani in Libia. Del resto perché andare dalla D’Urso (per la quarta volta) se non per fidelizzare quella neghittosa audience assuefatta alle trame della soap Il Segreto e ai casi umani della De Filippi che la sinistra spocchiosa consegnò al padrone di tutto il cucuzzaro, le cui più recenti performance tv sono la penosa scolatura di quelle del suo epigono boy scout. Non ha nemmeno più bisogno di indossare il chiodo, ormai a Canale5 Matteo è a suo agio e se la comanda come fosse al teatro parrocchiale di Rignano sull’Arno. Purtroppo la stampa della Nazione ha omesso di riferire del delizioso momento in cui la D’Urso si è intestata la legge sull’omicidio stradale (“Sai quante mamme ho avuto qui davanti a piangere e chi dicevano Barbara, chiedilo tu, chiedilo l’omicidio stradale!”) e ha messo il muso sulle unioni civili (“Me l’avevi promesso”, uffa). Poi insieme hanno bastonato i sindacati della Reggia di Caserta.
Peccato che Barbara sia spietata, morbida, sentimentale e finto-schietta come vorrebbe esser lui, che è più presentatore di chi lo presenta. S’inventa autoironico per farci pensare che se volesse potrebbe anche non esserlo. Prende una vittima a caso dal pubblico, meglio se signora in età, la interpella scherzosamente come i comici alla sagra del cocomero di Ariccia: “Bisogna mettere una tassa sul procurato allarme. Signora, lei ha sentito che mettevano la tassa sul bidet?”. E: “La legge Fornero… non dica parolacce lei laggiù nel pubblico”. Che tu pensi: ma questo è solo presidente del Consiglio mentre Bonolis guadagna tutti quei soldi? A chi stiamo in mano. Di fronte a questo show viene da pensare alla nuova Rai: occupata manu militari con gente che come Barbara gli dà del tu, somiglierà molto a questa spremuta di nulla e marshmallow, la Domenica Live perenne del renzismo.