la Repubblica, 8 marzo 2016
Parla il cacciatore di topi romani
Odiati, braccati, inseguiti. Sono milioni, almeno sei quelli che infestano Roma. «E di topi, in città, c’è stata una recrudescenza negli ultimi anni». Parola di Giancarlo Zucchet, il “mouse hunter” romano. A capo, insieme al fratello, della Zucchet srl una delle più importanti società di disinfestazioni capitoline. La caccia è grossa. «Il fenomeno – spiega – a macchia di leopardo interessa tutta l’Urbe». Non c’è rione o quartiere dove non si possano annidare. E che siano domestici, delle fogne o neri delle vegetazioni poco importa, i topi sono l’incubo di (quasi) tutti. Una statistica Usa rivela che il 73% della popolazione mette questa paura tra le prime 5 che l’attanagliano.
«La maggior parte delle chiamate arriva dal centro storico», racconta Zucchet che da oltre cinquant’anni lavora nel settore delle derattizzazioni. «In particolare da Trastevere», confessa. D’altronde i topi ballano alla vista dei rifiuti. Sgusciano via dalle caditoie e si infilano tra i sacchetti dell’immondizia abbandonati in strada in attesa di essere raccolti. «Basta che si lasci l’umido anche per poche ore – continua – che i topi arrivano a banchettare». La mensa è lauta. Nel rione c’è una concentrazione impressionante di ristoranti e per i ratti – in particolare il Norvegicus tra i più presenti in città – è un po’ come una terra promessa. «I topi vanno lì dove possono reperire in modo più facile il cibo – sottolinea l’esperto – Oltre alle segnalazioni, sono rimasto stupito da come si concentrino soprattutto nelle aree con tanti take away come pizzerie, gelaterie o paninoteche. È qui che i roditori arrivano anche di giorno, attratti dagli alimenti caduti a terra da chi mangia o da chi ci getta i sudici involucri. Io lo ripeto da anni: la prima forma di derattizzazione avviene con una regolare redistribuzione degli scarti alimentari». I topi sono animali golosi. Assaggiano di tutto, dal dolce al salato senza distinzioni né preferenze, all’occorrenza anche di sapone vanno ghiotti. Rosicchiano scatole, legno, carta, cavi, intonaci e tappezzeria per mantenere costantemente limati i denti incisivi a crescita perenne. «Se con l’udito va ben oltre la soglia dell’ultra suono – continua Zucchet – è l’olfatto il senso più sviluppato che gli permette di arrivano dritto e sicuro alla sua fonte di sostentamento». Da animale notturno, come tutti i predatori, a diurno: i ratti romani vengono avvistati con sempre maggiore frequenza anche sotto la luce del sole. «Questo perché – aggiunge – c’è anche un aumento della popolazione che staziona nelle caditoie lungo le strade». La riproduzione d’altronde è rapidissima: una decina di topolini a parto, gravidanze che si ripetono dalle cinque alle dieci volte all’anno.
I roditori hanno colonizzato anche i luoghi simbolo della città come è stato con il topo incastrato nell’intercapedine della biglietteria di Fori e del Palatino in via Colosseo. «Le città che nascondono un substrato importante – argomenta Zucchet – sono ricche di queste specie e soprattutto basta uno scavo per i lavori della metro o per il rinnovo delle tubature di gas che subito nella zona si verifica una massiccia fuoriuscita di topi, questo perché spesso vengono abbattuti i cunicoli dove gli animali cercano riparo».
Come nella favola di Esopo, la differenza tra topi di città e campagna, sta tutta nel motivo principe della sua esistenza, il cibo. «Lontano dai centri abitati per i ratti la possibilità di procurarsi cibo segue l’andamento delle stagioni – sintetizza il mouse hunter – nel cuore di Roma la disponibilità è pressoché illimitata». Le maxi campagne di derattizzazione del Comune di Roma, l’ultima da un milione e 250mila euro, «sono importanti – aggiunge l’esperto – ma non sono efficaci se non si contribuisce a rendere l’ambiente più pulito». Quei cassonetti traboccanti rifiuti sono un canto delle sirene per i ratti affamati. «Negli ultimi anni per l’umido sono stati utilizzati dei bidoncini poco stabili e facilmente spostabili, bastava poco per farli cadere – sottolinea Zucchet – Ecco sono quanto di meno indicato per combattere i roditori, meglio i nuovi cassonetti più stabili e protetti».
La disponibilità praticamente illimitata di cibo rende inefficiente qualsiasi campagna. «Diventa tutto molto difficile – sottolinea – perché i topi se possono scegliere, non prediligono l’esca che resta lì intatta senza essere neppure sfiorata».
Le chiamate ai centri di derattizzazione sono aumentate. «Ma molti ci chiedono come fare, cosa utilizzare, se hanno fatto bene ad usare un’esca piuttosto che un’altra ma la crisi negli ultimi cinque anni si è fatta sentire anche per noi, la gran parte delle persone sceglie il fai da te». Si va dalle tavolette ricoperte di colla sulle quali posizionare l’allettante cibo fino alle trappole più tradizionali che incastrano il topo. «Noi – conclude – nelle case mettiamo dei sistemi robotizzati che usano un’esca non avvelenata che fa cadere il roditore in una miscela che lo uccide e lo congela. Oppure usiamo sistemi che non sono pericolosi per gli altri animali o per i bambini. Per una strategia vincente prima di far partire qualsiasi intervento ci dovrebbe essere un accurato studio del territorio ma raramente avviene. La gestione dei rifiuti deve essere affrontata già nelle scuole con corsi ad hoc». Perché anche nella lotta ai topi, l’educazione è tutto.