ItaliaOggi, 5 marzo 2016
La fortuna di Renzi, spiegata dal prof. Orsina
Politologo e storico alla Luiss di Roma, Giovanni Orsina, romano, 48 anni, è da anni il più acuto osservatore di Silvio Berlusconi in politica. Il suo Il berlusconismo nella storia d’Italia, edito da Marsilio nel 2013, resta insuperato per profondità di analisi. Col professore abbiamo voluto analizzare il quadro politico, partendo proprio dal Cavaliere e dal centrodestra, alle prese con una tornata elettorale amministrativa importante.
Domanda.
Orsina, fino a pochi mesi fa il centrodestra sembrava annaspare di fronte ai rinnovi delle comunali poi, a Milano, pare aver centrato il candidato mentre a Roma sprofonda nel caos.
Risposta. Eh sì, grande è la confusione sotto il cielo della Capitale. Mentre sotto la Madunina, invece, mi pare che Stefano Parisi sia ben posizionato, anche se non ho sondaggi. Lei ne ha visti?
D. No. Anche se Renato Mannheimer, che ho intervistato la settimana scorsa, diceva che l’equilibrio è forte e che gli outsider, Corrado Passera e Patrizia Bedori, del M5s, potrebbero essere decisivi nel quasi sicuro ballottaggio.
R. Nel ballottaggio, il fatto che Giuseppe Sala possa apparire come candidato di Matteo Renzi, potrebbe coalizzargli contro un po’ tutti.
D. C’è da capire se ci possano essere, al primo turno e a sinistra, liste di disturbo in stile Liguria.
R. Che al secondo potrebbero trasformarsi in gente che resta a casa.
D. Nella sua Roma, invece, il centrodestra cosa le sembra che combini?
R. Ah, chi ci capisce è bravo. Un «tutti contro tutti», con errori a ripetizione, con molti condizionamenti di livello nazionale?
D. Per esempio?
R. Per esempio si dice insistentemente che Berlusconi non abbia voluto Alfio Marchini come candidato sindaco, per non offrigli poi un trampolino nazionale, nell’ipotesi poi che l’imprenditore voglia tentare una discesa in campo nazionale. Ma sono appunto rumors.
D. Voci o no, l’accordo è saltato. Ed è spuntato Guido Bertolaso.
R. Operazione, tutt’altro che sbagliata, perché Roma ha bisogno di un amministratore straordinario più di un sindaco. Starei per dire un dittatore, alla Cincinnato intendiamoci (ride), con pieni poteri. Uno che sistemi le buche, tolga le cartacce, stabilisca un po’ d’ordine.
D. Uno che lasci i campi, come il vecchio console che s’era ritirato, e torni per dare una strigliata all’Urbe.
R. Cosa che piacerebbe a un elettorato romano di destra, deluso, arrabbiato, e che ha sotto gli occhi una città davvero malmessa. Non che Roma sia stata sempre in ordine per carità
D. Qualche problemuccio c’è sempre stato
R. Sì ma, in 48 anni, glielo giuro, non ho mai visto la città così degradata. Non ne ho memoria.
D. E dunque un Bertolaso potrebbe funzionare.
R. Sì, uno che è molto efficiente, con una tradizione amministrativa, capace di aggirare gli ostacoli della burocrazia, potrebbe piacere a quel pezzo di elettorato.
D. Già, ma Matteo Salvini ha fatto saltare il piatto. Parliamo allora del leader leghista, professore. Dal raduno festoso di Bologna, in novembre, pare che l’ascesa si sia arrestata. Anzi, forse è iniziata la discesa.
R. Non parlerei di declino. Salvini ha sbattuto contro il tetto di vetro, come si dice. Ossia ha raggiunto il suo massimo, con un’estenuante presenza mediatica. È arrivato al 13-14%, forse anche il 15. Ma oltre non va.
D. A cosa è servito?
R. Si è gonfiato il più possibile, per sedersi al tavolo del centrodestra, a spendere quel risultato. Mostrandosi convinto del fatto che un’alleanza sia necessaria. Il problema è chd, per fare l’alleanza, ci vuole anche l’altra parte.
D. E invece?
R. Invece il tavolo è sbrindellato. E devo tornare a Berlusconi, perché la colpa è sua.
D. L’oggetto dei suoi studi recenti, il Cavaliere, a quel raduno di Bologna c’era andato, anche a costo di prendersi fischi e sfottò di qualche padano impertinente, ma poi sembra aver fatto più di un passo indietro.
R. L’errore è stato pensare che lui fosse andato lì per passare la mano. Io non l’ho pensato. Vede, ha ragione il mio collega Roberto D’Alimonte, quando dice che Berlusconi si è sempre concepito come federatore del centrodestra. Era già così nel 1994, quando gli riuscì anche brillantemente, con un doppio binario Nord-Sud.
D. Il Polo delle Libertà al Nord, coi leghisti, e quello del Buon governo, al Sud, con Alleanza nazionale
R. Esatto. E questa sua idea che occorra stare tutti insieme, si accompagna a un’altra, ossia che il federatore sia lui.
D. Il capo.
R. Lui, quello che guida le danze anche quando, come in questo momento, è evidente che non è in grado. Perché anche se i suoi elettori li ha ancora, quel 8-10% di consensi, che potrebbero crescere, perché le campagne elettorali le sa fare, lui resta un signore di 80 anni. E in questo pensare di essere lui il dominus, non fa emergere nessuno. Lo fa, inoltre, in modo ambiguo, cioè dicendo che non c’è nessuno.
D. Lei dice che, anche a questo giro, in lizza ci sarà lui?
R. Per ora non decide, aspetta che le pedine cadano dove devono cadere, che i sondaggi forniscano segnali, dando l’impressione che possa trattarsi, via via, di Salvini, di Giovanni Toti, di un «papa straniero». Alla fine nulla di più facile che sia lui, e mi pare una strategia sbagliata. Anche se, bisogna dire una cosa.
D. Che cosa?
R. Che storicamente ha sempre avuto ragione Berlusconi e torto Orsina (ride).
D. Fino a qui. Intanto l’opposizione non è quella che si dice «al coltello».
R. No, Forza Italia è talmente debole e frammentata che non ce ne sono nemmeno le condizioni. Pensi che c’è stata un’opportunità enorme, come il Family Day, è l’hanno ignorato, perché divisi al proprio interno.
D. Avrebbe fatto bene Berlusconi a cavalcare il Circo Massimo?
R. Che diamine, poteva costruirci una piattaforma, su un’adunata così imponente. Usciamo dal merito della questione delle unioni civili.
D. Usciamone.
R. Ma guardi Nichi Vendola cosa si è tirato addosso sui social, solitamente sbilanciati sul versante progressista? Ha sommato due ostilità, quella verso l’utero in affitto e verso la Casta. L’equazione che è passata è stata la seguente: la maternità surrogata è una roba da ricchi, Vendola, politico, fa una cosa che solo i ricchi si possono permettere.
D. Salvini e Giorgia Meloni non se la sono lasciata scappare, però. Secondo lei Berlusconi su cosa punta? Sul fatto che dall’economia arrivi qualche problema al governo?
R. Probabilmente. I numeri non sono straordinari ma l’esperto di cui mi fido, ossia Luca Ricolfi, riconosce come il dato di gennaio 2016 sull’occupazione sia interessante, perché positivo nonostante la fine degli incentivi.
D. Ricolfi è attendibile, perché non può passare certo per renziano.
R. No, infatti. È un uomo che guarda ai numeri e basta. E dunque, non che i numeri siano chissà cosa, 0,7-0,8% di crescita, ma la visita di Jean Claude Juncker a Roma, significa che Bruxelles accetterà questa Legge di stabilità. Certo, restano le manovre correttive, il rischio dell’aumento dell’Iva e, se Renzi non riesce a tagliare le tasse, potrebbe arrivare a fine legislatura logorato da quattro anni di governo.
D. Insomma, lei dice, che il Cavaliere aspetta in riva al fiume il cadavere dell’avversario, ma che Renzi non potrebbe passare
R. Esatto, anche perché Renzi, sin qui, è sempre stato anche fortunato. In più nel 2018, ma non è detto che non si voti prima, per quanto Sergio Mattarella potrebbe non esser così disponibile a sciogliere le camere, nel 2018, dicevo, Berlusconi avrebbe 82 anni. Semmai c’è un fatto nuovo, sempre legato alla vicenda delle unioni civili.
D. Vale a dire?
R. Il riposizionamento a destra del M5s, prima con la libertà di coscienza concessa ai parlamentari, e poi con la dura lettera di Beppe Grillo al Corriere contro l’utero in affitto.
D. Che cosa significa, professore?
R. Che il M5s cambierebbe pelle, mettendosi a fare politica veramente, abbandonato il metodo della Rete, ampiamento fallito, del resto. E oggi, lo spazio più a grande, a livello elettorale, è a destra, dove peraltro sono già posizionati un bel po’ di elettori grillini.
D. Già ma i parlamentari, liberi di scegliere, avrebbero votato al 95% la Cirinnà prima maniera. Deputati e senatori pentastellati hanno una matrice di sinistra.
R. Mi risulta che lo sia molto meno, dopo le uscite verso il gruppo misto di molti parlamentari. E poi sì, c’è una vocazione ambientalista, ma mi pare che i vertici gli abbiano messo un po’ la sordina. Quanto al giustizialismo, a destra, dove c’è un’antica tradizione forcaiola, prenderebbe benissimo. Dico che dovremo guardare bene queste elezioni romane e questa candidata, Virginia Raggi.
D. Che riscuote successi trasversali, ho sentito. Sempre che Paola Taverna non si inventi altri «complotti» per far vincere il M5s
R. Lo so, sono i peggiori nemici di loro stessi
D. Viceversa, professore, il peggiore nemico del premier è l’economia?
R. Renzi deve inventarsi qualcosa, in economia, ma non mi pare facile. L’aiuta il fatto che il centro destra sia un campo d’Agramante, l’età avanzata del Cavaliere, come ho già detto, il fatto che i cinquestelle siano dilettanti allo sbaraglio. E poi c’è un fatto
D. Dica.
R. Pur non essendo particolarmente renziano, devo ammettere che Renzi un po’ di cose le ha fatte: ha riformato il sistema elettorale, la Costituzione, ha fatto il Jobs Act, le unioni civili,sulle quali ha vinto e, se avesse stralciato le adozioni due settimane, avrebbe stravinto.
D. Non verranno da sinistra i problemi di un premier di sinistra, come è accaduto nel passato? Pier Luigi Bersani, Miguel Gotor, a ogni piè sospinto chiedono un congresso straordinario del Pd per l’appoggio di Denis Verdini all’esecutivo
R. Ecco, Renzi non ha solo avversari esterni deboli ma anche nemici interni debolissimi. La polemica su Verdini lascia il tempo che trova: Renzi può replicargli che governa con Angelino Alfano dal primo minuto. E ricordargli che il Pd le elezioni non le ha vinte.
D. Le ha «non vinte», infatti.
R. No, Bersani e gli altri brontolano come una pentola di fagioli che sta bollendo, ma non hanno la forza né la voglia di fare qualcosa. Di più, non hanno un’alternativa. Ma scusi, l’alternativa a Renzi chi sarebbe? Gianni Cuperlo? Pippo Civati? Non scherziamo.
D. Pare sparita dall’orizzonte anche la Cgil e Maurizio Landini, con Fiom e Coalizione sociale, è sparito
R. Perché, scusi, Laura Boldrini c’è mai stata? A Renzi non c’è un’alternativa, né a destra né a sinistra. Perché perda le elezioni, occorrerebbe che gli Italiani siano così delusi, impauriti, esasperati, da rinunciare al principio di realtà, votando M5s. Ossia pronti a fare il salto nel vuoto.
D. Non lo sono?
R. Non mi pare. Gli Italiani sono sempre molto responsabili e cercano sempre l’opzione più realistica, senza entusiasmo, senza bersi il trionfalismo renziano, come non s’erano bevuti quello berlusconiano. Sa, siamo un paese vecchio e, tutto sommato, ancora ricco. E per questo tendiamo ad avere un certo senso di realtà.