Corriere della Sera, 6 marzo 2016
Oggi a Roma e Napoli ci sono le primarie del Pd
Il punto di Ernesto Menicucci sulle primarie romane
Gianfranco Mascia e l’orso, Roberto Giachetti e l’endorsement di Denis Verdini, Roberto Morassut e le aperture a sinistra. Ma poi la vera incognita, nelle primarie del centrosinistra (quasi tutto Pd, una piccola percentuale di «cespugli»), è l’allarme meteo dalla Protezione civile: senza sole, o peggio ancora con pioggia e grandine, dal rischio flop si passa direttamente al «rischio splash». E sarà pure, come hanno ripetuto in questi giorni «Roberto & Roberto» che «comunque vada, sarà un successo», una «grande festa democratica», con molti più partecipanti «delle comunarie dei Cinque Stelle (3.862 iscritti votanti, ndr), dei gazebo di Salvini (oltre 15 mila dichiarati, ndr)», ma poi è evidente che i numeri, in politica, contano sempre.
Quanta gente ai gazebo?
La domanda, allora, è sempre quella: quanta gente andrà a votare? Nel 2013, alle primarie vinte poi da Ignazio Marino (su David Sassoli, Paolo Gentiloni e altri), furono dichiarati 100 mila elettori. Ma parliamo di un’altra era geologica: non c’era stata Mafia Capitale e, nel Pd, non si erano ancora consumate le lacerazioni della caduta del sindaco «marziano» e della faida nei circoli, tra il rapporto di Fabrizio Barca (quello del Pd «pericoloso e cattivo») e il commissariamento di Matteo Orfini, accusato dagli avversari di fare operazioni di «pulizia etnica» degli oppositori interni. Esempio plastico è il caso della sezione di Donna Olimpia, nel quartiere Monteverde. È il circolo dove vota Giachetti, ma anche una delle principali sacche di dissenso nei confronti di Orfini ed è stata esclusa dai seggi per le primarie: si voterà, ma fuori, in un gazebo all’aperto. Pioggia permettendo, naturalmente.
I sei in lizza e gli scenari
I due veri sfidanti sono, appunto, Giachetti e Morassut. Iper-renziano il primo, vicepresidente della Camera, un passato da Radicale (ma ne ha ancora la tessera). Ha girato, in scooter, «TuttaRoma» (il suo slogan), ha puntato sul dialetto romanesco («Il 6 m’arzo e vado a vota’ Giachetti»), ha preferito «l’ascolto ai programmi fatti al chiuso di una stanza». L’uscita di Verdini, derubricata a «non notizia», è però diventata un «fattore». Tanto che lo sfidante, Morassut, non solo ha caricato maggiormente sul suo «essere uomo di sinistra, capace di aprire un dialogo con Sel e Si», ma ha anche incassato l’appoggio di buona parte del mondo ex mariniano. Uno vince, gli altri (in campo, oltre a Mascia, anche Domenico Rossi, Stefano Pedica e Chiara Ferraro) perdono. Saranno tutti leali al «patto» delle primarie,sostenendosi a vicenda da lunedì? A parole sì. Nei fatti, naturalmente, si vedrà.
Le regole del voto
Si comincia questa mattina, alle 8. E si va avanti fino alle 22, quando inizieranno gli scrutini. Hanno diritto di voto iscritti e non iscritti, ragazzi dai 16 anni in su e immigrati. Chi fa parte di queste ultime due categorie, però, avrebbe dovuto pre-iscriversi. E al comitato, di adesioni, ne sono arrivate davvero poche, nell’ordine di un migliaio. Per votare in uno dei 193 gazebo allestiti, basta un documento d’identità e munirsi dei due euro di contributo minimo. L’opzione di votare sabato è stata scartata: troppo forte il rischio di «truppe cammellate».
I cinesi e i rom
Dopo i cinesi Milano, e dopo i rom della passata tornata (ma all’epoca imperava ancora il sistema-Buzzi) tutte le attenzioni della vigilia sono state sul come evitare nuovi «inquinamenti» del voto. Nel primo caso, Marco Wong, presidente onorario di «Associna» ha giocato d’anticipo, lanciando la campagna «Jasmine roots» (radici di gelsomino) e incontrando uno per uno tutti i candidati a sindaco del centrosinistra. Sui rom, invece, il rischio di nuove ondate di pullman dovrebbe essere scongiurato. O si ha la tessera elettorale o si è comunitari. Altrimenti, niente voto.
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Il punto di Simano Brandolini sulle primarie napoletane
Non è facile per il Pd napoletano cancellare la figuraccia del 2011. E soprattutto riportare i cittadini al voto. Archiviata una velenosa campagna elettorale, oggi si aprono i seggi per decretare il vincitore tra Antonio Bassolino, Valeria Valente, Marco Sarracino e Antonio Marfella. Tre dem e un socialista per la candidatura a sindaco di Napoli del centrosinistra. Ed è una vigilia incandescente tra i due principali avversari. Il padre politico Bassolino e l’ex figlioccia Valente. Con l’ex governatore che fino alla fine picchia: «La città deve essere rispettata da tutti, anche dal Pd. Il candidato sindaco non si decide a Roma ma qui. Per questo chiedo un voto di dignità e libertà». E la deputata rintuzza: «Sono d’accordo che il candidato del centrosinistra venga deciso a Napoli e infatti pur potendo, per numeri costruiti dentro il Pd, evitare le primarie, abbiamo scelto di farle. Non capisco che significa questo riferimento a Roma».
Il nodo partecipazione
Dal 2011 ne è passata di acqua sotto i ponti e soprattutto il Pd ne ha persi di elettori ed elezioni (fino alla svolta con De Luca alla Regione). Emorragia di consensi che s’è puntualmente registrata alle primarie. Dai 45 mila votanti delle consultazioni farsa tra Andrea Cozzolino e Umberto Ranieri, si è passati ai 20 mila delle parlamentarie del 2012, ai 24 mila delle primarie nazionali del 2013, ai 16 mila della sfida Cozzolino-De Luca. Ora i più ottimisti, tra cui il segretario provinciale Venanzio Carpentieri, sperano di arrivare a quota 30 mila. E per evitare brogli, ricorsi, carte bollate e procura i democratici napoletani sono corsi ai ripari. Il primo paletto è la preregistrazione anti-cinesi. Nessun razzismo solo sana autoconservazione: dalle scorse Regionali il Pd ha stabilito che sedicenni e cittadini stranieri, ma comunitari, possono votare a patto che si preregistrino una settimana prima del voto. Oggi potranno recarsi in uno dei 78 seggi 127 under 18 e 20 europei residenti in città. Con un certo orgoglio, sempre Carpentieri dice: «Le file di cinesi si sono viste solo a Milano».
L’esordio dell’app
Ma la vera novità è l’app anti-brogli, un’anteprima nazionale. Software indigeno riversato negli 80 tablet (due di scorta) che ieri sono stati distribuiti ai presidenti di seggio insieme al kit cartaceo (un pacco contenente il registro, due penne, nastro adesivo e due manifesti). Ogni apparecchio è costato 60 euro, mentre le Sim dati da 3 giga 7 euro. Ma come funziona? In teoria per votare alle primarie, in assenza dell’albo degli iscritti e di regole certe, bisogna esibire il certificato elettorale e pagare un euro. Tutto qui. Non solo a Napoli per la verità, ci sono sempre stati i furbetti della fila: votare una, due, anche tre volte, un gioco da ragazzi. Stavolta dovrebbe essere impossibile, sempre che il sistema funzioni alla perfezione. Perché ogni elettore viene registrato: nome, cognome, data di nascita e luogo. Il software è in grado di dire se può votare a Napoli e in quel seggio oppure no. Una volta dato l’ok, il suo voto andrà direttamente nella banca dati aggiornata in tempo reale. Il meccanismo si può inceppare ovviamente se la ricezione è scarsa, se il seggio si trova in un luogo in parte schermato, che non è una rarità a Napoli, considerando il fatto che il quartier generale del Partito democratico si trova ad Agnano, all’interno delle Terme, dove non c’è campo neanche per i cellulari. Fuori taccuino, più d’uno ammette: «Se funzionano almeno 50 tablet su 80, gridiamo vittoria e portiamo la app a Matteo Renzi».
Controlli
Sarà ma alla fine per evitare di finire di nuovo in mondovisione per uno scandalo elettorale oggi sarà schierato un vero esercito di rappresentanti di lista. I candidati si sorveglieranno a vicenda. Soprattutto in alcuni quartieri popolari: Barra e San Giovanni, rione Stella, Scampia e Borgo Sant’Antonio.