La Gazzetta dello Sport, 7 marzo 2016
Tamberi vola sempre più in alto e sfiora i 2.40
Gimbo-boom! Tamberi, ad Ancona, non tradisce: nemmeno di fronte a uno stadio che attende solo lui e straripa di entusiasmo. Vola a 2.36 e, letteralmente, sfiora due volte i 2.40. È in circostanze così che il ragazzo si esalta. Gianmarco, a cinque minuti di strada da casa («coperti rigorosamente in auto»), sulla pedana dove si allena tutti i giorni, firma l’ennesimo capolavoro di una stagione indoor da incorniciare: quattro gare, quattro vittorie e una clamorosa media di 2.355. Manca la ciliegina sulla torta: potrebbe arrivare tra dodici giorni ai Mondiali di Portland. Intanto, una simile elettricità per l’atletica, in un impianto italiano, non si viveva dai tempi d’oro di Andrew Howe. Effetto-Tamberi. C’è la curva dei tifosi, con tanto di capo-ultrà con megafono e magliette personalizzate, uguali per tutti. Ci sono gli striscioni: «Gimbo halfshave, Ancona è con te: fly or... fly», «Se non riesci più a sognare, devi vederlo saltare». Ci sono 3000 persone (quante ne può contenere il Palace) che hanno occhi esclusivamente per lui, la solo guancia destra rasata.
Tamburi per Tamberi. C’è la famiglia, guidata da Marco, papà-coach, c’è la fidanzata Chiara e ci sono tanti amici. È una grande festa. E il 23enne finanziere, istrione come e più di sempre, non si tira certo indietro. «Quando ho visto le tribune esaurite, con la gente in terza fila – racconta – ho provato una grande emozione e un’enorme soddisfazione. È stata la cosa più bella del mondo». Gimbo – in mattinata, a casa, una partita vinta alla playstation con Silvano Chesani per stemperare la tensione – in pedana già da un’ora e mezzo, entra a 2.22, quando sei dei nove atleti in gara sono stati eliminati, compreso l’iridato allievi Stefano Sottile, non oltre i 2.16. Con Gianmarco, sono rimasti lo stesso Chesani e Andrea Lemmi: precauzionalmente assente Marco Fassinotti, sono i più accreditati. Tamberi è carico a pallettoni, forse persino troppo. Salta in calzamaglia e con lunghi pantaloni da basket alle ginocchia. Brivido: il primo salto è nullo («Dovevo canalizzare le emozioni»). Il secondo, un paio di minuti dopo, una formalità. Si sale a 2.25. E la misura è fatale sia per Lemmi, sia a sorpresa per Chesani, che pure pareva pronto per un exploit. Gimbo «passa» e, rimasto solo, si ripresenta a 2.28. La prima prova – con lo stesso abbigliamento – subito riuscita (anche se l’asticella traballa), gli vale il titolo italiano.
Si spoglia e chiede 2.33, oltre ai soliti applausi ritmati. C’è un altro nullo, figlio di un paio di appoggi titubanti sotto i ritti e dell’imperfetto richiamo delle gambe nella fase di volo. Poi però, pur con qualche patema, è fatta. Si sale a 2.36. E Gimbo sfodera la miglior prestazione del pomeriggio: il tentativo, pulito e preciso, è uno spettacolo. La rincorsa a 11 passi è rapidissima: non spinge, rimbalza. Nessun italiano, in Italia, è mai salito tanto in alto. E solo Mutaz Barshim, in questa stagione, è arrivato a tali quote. Gianmarco stesso, di meglio, ha il 2.38 al coperto di Hustopece del mese scorso e il 2.37 di Eberstadt all’aperto dell’agosto passato. È l’ora delle cifre del sogno: 2-4-0, 2.40! I due primi tentativi fanno credere nel miracolo, il terzo un po’ meno. Ma è la conferma che la misura è possibile. «Sono un po’ deluso per il 2.40 mancato – ammette – il secondo era un salto praticamente perfetto. Appuntamento a Portland: sperare nel bottino pieno non è vietato: «Adesso mi sento all’altezza anche di Barshim. Come Rio: è diventato un obiettivo».